sabato 19 settembre 2009

Neanche Mac Gyver.

Sono in ufficio, è pomeriggio e della mia scrivania è rimasta solo l'idea sotto una catastrofe di carte. Ogni giorno siamo sempre più intontiti dalle dinamiche aziendali, nate dai difficili equilibri fra crisi economica nazionale e crisi astrale-umorale del personale di spicco. "Siamo indietro col fatturato." "Dateci sotto con gli incassi." "Mandate avanti gli ordini." "Mettetevi sui solleciti." Insomma questo moto ondulatorio-sussultorio mi agita. Incastro la cornetta fra orecchio e spalla e faccio uno squillo a nonna-ragno non per mancanza di fiducia ma per acquietare la coscienza. Attendendo di prendere la linea metto a posto il portamatite, smisto la pila di fogli alla destra del telefono e pulisco con una salvietta il telefono e lo schermo del PC.
"...sì mamma ho capito....ma io gliel'ho chiesto...ormai è grande...sì, d'accordo...la prossima volta...è troppo rischioso mi tocca di finire in tribunale...va bene mamma."
Silenzio fuori, dentro rumori. "Non potevate andarla a prendere a casa?" Nonnaragno non si lascia intimidire tanto facilmente, di solito la spunta, e infatti "Ora che vai a casa e torni indietro." La tira per le lunghe per far crescere il tuo senso di colpa e ci riesce "...comunque tuo papà ha avuto una buona idea, ha arrotolato il sacchetto in nylon della palla, l'ha infilato nei passanti e gli ha fatto la cintura per i pantaloni. Almeno (almeno?!?) è riuscito a giocare."

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