martedì 19 aprile 2011

Elogio della lettura e della finzione

La letteratura è una rappresentazione fallace della vita che, tuttavia, ci aiuta a comprenderla meglio, a orientarci nel labirinto nel quale siamo nati, che attraversiamo e nel quale moriamo. Essa ci risarcisce delle disgrazie e delle frustrazioni che la vita vera ci infligge, e grazie ad essa riusciamo a decifrare, per lo meno parzialmente, quel geroglifico che è l’esistenza per la maggior parte degli esseri umani, soprattutto per noi che coltiviamo più dubbi che certezze, e confessiamo la nostra perplessità rispetto ad argomenti come la trascendenza, il destino individuale e collettivo, l’anima, il senso o il non senso della storia, tutto ciò che è più vicino alla conoscenza razionale.

Mi ha sempre affascinato immaginare quella curiosa circostanza in cui i nostri antenati, poco più che diversi da gli animali, grazie a un linguaggio appena nato che permetteva loro di comunicare, iniziarono, nelle caverne, intorno al fuoco, durante notti piene di pericoli - fulmini, tuoni, fiere ringhianti - a inventare storie e a raccontarsele.

Quello fu un momento cruciale del nostro destino, in quanto, in quella cerchia di esseri primitivi meravigliati dalla voce e dalla fantasia di chi stava loro raccontando, ebbe inizio la civiltà, quel lungo percorso che poco a poco ci avrebbe reso umani e ci avrebbe portati a inventare un individuo sovrano, e a staccarlo dalla tribù, a inventare la scienza, le arti, il diritto, la libertà, a indagare i misteri della natura, del corpo umano, dello spazio e a viaggiare verso le stelle.

Quei racconti, favole, miti, leggende, che suonarono per la prima volta come una musica nuova dinnanzi a un auditorio intimidito dai misteri e dai pericoli del mondo dove tutto era sconosciuto e temibile, dovettero essere come un bagno refrigerante, un'oasi per quegli spiriti impauriti per i quali esistere significava unicamente nutrirsi, trovare un riparo dagli elementi, uccidere e fornicare.

Quando incominciarono a sognare collettivamente, a condividere quei sogni, stimolati dai narratori di racconti, smisero di essere attaccati alla ruota della sopravvivenza, un vortice di impegni abbrutenti, e la loro vita si trasformò in sogno, desiderio, fantasia, in un disegno rivoluzionario: rompere quei confini e cambiare e migliorare, una lotta per soddisfare quei desideri e quelle ambizioni che in loro erano stati stimolati da quelle vite di finzione, e la curiosità per far luce sulle incognite che stavano loro intorno.

Quel processo, mai interrotto, si arricchì quando nacquerola scrittura e le storie, oltre a essere ascoltate, si potevano anche leggere, ottenendo in tal modo quell'eternità che la letteratura conferisce loro. Perciò, bisogna ripetere questo concetto fino alla nausea per convincerne le nuove generazioni: la finzione è più di un passatempo, più di un esercizio intellettuale che stimola la sensibilità e desta lo spirito critico. È una necessità imprescindibile affinché la civiltà prosegua il suo cammino, rinnovandosi e conservando in noi il meglio dell’umano. Per non regredire verso le barbarie dell'incomunicabilità e affinché la vita non si riduca al pragmatismo degli specialisti che vedono sì le cose in profondità ma che allo stesso tempo ignorano ciò che sta loro intorno, ciò che sta prima e ciò che sta dopo. Per non diventare servi e schiavi delle macchine che noi stessi abbiamo inventato. E perché un mondo senza letteratura si trasformerebbe in un mondo senza desideri nè ideale nè disobbedienza, un mondo di automi privati di ciò che rende umano un essere umano: la capacità di uscire da se stessi e trasformarsi in un altro, in altri, modellati dall’argilla dei nostri sogni.

Dalla caverna ai grattacieli, dal randello alle armi di distruzione di massa, dalla vita tautologica della tribù all’era della globalizzazione, le finzioni della letteratura hanno moltiplicato le esperienze umane, impedendo che noi, uomini e donne, noi soccombiamo al letargo, alla chiusura, alla rassegnazione. Nulla ha seminato tanto l’inquietudine, smosso tanto l’immaginazione e i desideri, come questa vita di menzogne che aggiungiamo a quella che abbiamo grazie alla letteratura per essere protagonisti delle grandi avventure, delle grandi passioni, che la vita reale non ci darà mai.

Le bugie della letteratura si trasformano in realtà attraverso di noi, lettori trasformati, contaminati da desideri e, a causa della finzione, in perenne discussione con la mediocrità della realtà. Stregoneria che, nell’illuderci di avere quello che non abbiamo, essere quello che non siamo, accedere a questa impossibile esistenza in cui, come divinità pagane, ci sentiamo terreni ed eterni al tempo stesso, la letteratura introduce nei nostri spiriti l'anticonformismo e la ribellione, che stanno dietro a tutte le imprese che hanno contribuito a diminuire la violenza nelle relazioni umanie. A diminuire la violenza, non a sconfiggerla. Perché la nostra sarà sempre, per fortuna, una storia inconclusa. Per questo dobbiamo continuare a sognare, leggere e scrivere, la maniera più efficace che abbiamo trovato per alleviare la nostra condizione mortale, di sconfiggere il terlo del tempo e trasformare in possibile l’impossibile.

Elogio della lettura e della finzione,
Mario Vargas Llosa (premio Nobel per la letteratura 2010)

Elogio della lettura e della finzione,
Mario Vargas Llosa


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