lunedì 25 gennaio 2010

"Campioni si nasce. E io modestamente lo nacqui!"

E' stato convocato. Siamo stati convocati, in fondo io sono sempre la mamma. Da allora non ha più dormito. Per due sere l'ho accompagnato a letto salutandolo ma dopo poco me lo ritrovavo alle spalle. Ieri sera alla quarta volta che i suoi piedi nudi rifacevano la strada verso la camera mi ha confessato di essere preoccupato per la prima partita della sua vita. L'ho tranquillizzato, ho cercato di tranquillizzarlo, spiegandogli che è normale essere timorosi verso ciò che non si conosce ma che poi sarebbe stato fiero di se stesso una volta che lo avesse superato. Gli ho anche detto che gareggiare in squadra è ancora più gratificante perché ognuno mette a disposizione degli altri le proprie caratteristiche migliori per vincere insieme. Insomma gliel'ho raccontata un po' su ma facile che a far la differenza sia stata la stanchezza.
Ieri il grande giorno, non ne ha fatto alcun accenno per tutta la mattina, poi si è scrupolosamente preparato e aspettando suo padre mi ha chiesto serafico "Tu resti a casa a mettere a posto o mi vieni a vedere?" Non sarei mancata per nulla al mondo non c'era alcun bisogno di far leva sulla mia emotività. Ma non ero la prima con cui si era giocato la carta degli scrupoli di coscienza, nella rete ci erano già finiti LoZioexPiccolodiFamiglia e LaZia. Al primo aveva innocentemente chiesto la presenza invocando il fatto che avrebbe disputato la prima partita (e probabilmente anche l'ultima avremmo scoperto di lì a un'ora)e alla seconda credo addiritura si sia presentato in sogno con gli occhioni sgranati e il sorriso argentato (l'apparecchio). Ci siamo ritrovati in macchina, ognuno convinto di avere provveduto alla felicità più immediata degli altri, che altrimenti non sarebbero sopravvissuti alla situazione, LaZia devota all'alta tecnologia armeggiava con I-Phone, LoZioexecc.ecc. impostava un accattivante Garmin Rosa (dice in prestito!) ed io, l'antitesi del progresso, consultavo gli appunti trascritti su un foglietto.
In qualche modo siamo arrivati a destinazione poi in un attimo ci siamo lasciati risucchiare dal vortice di quella palestra di periferia dove due squadre di nanetti vocianti, festosi e colorati si allenavano a tirare al canestro.
Il fischio di lì a poco ha proclamato concluso il riscaldamento, si fanno le squadre, Hulko è ufficialmente chiamato in campo. Si allontana incerto e malfermo dalla panchina. Raggiunge gli altri tre e l'allenatrice. Si legge tutta la confusione nello sguardo e nei movimenti ancora più lenti del solito. E' il più alto ma non è minimamente consapevole di essere già in vantaggio. Lo piazzano a disputare la contesa. Si avvia al patibolo. Guadagna il cerchio centrale e si posiziona dando le spalle all'avversario. L'arbitro paziente lo fa girare. Batte la contesa ma è subito fallo. Qualcuno gli mette la palla in mano e lo fa arretrare di un passo per uscire dal campo e battere la rimessa. Sempre più smarrito si guarda attorno e decide di partire all'attacco senza battere (dev'essere la prima volta in quasi otto anni che prende l'iniziativa). L'arbitro recupera in qualche modo la palla e gli dice di ricordarsi, per la prossima volta, che le regole sono già state scritte da un po' e che di solito tengono buone quelle e si fa tutti alla stessa maniera, non dice proprio così' ma il significato è lo stesso.
Questo l'esordio e il resto non è stato da meno. Ad un certo punto nella ressa sotto canestro, si impossessa della palle, si gira, schiva un paio di mani avversarie ma già a quelle successive la consegna. Generoso come al solito, come la sua natura lo porta ad essere e in risposta allo sguardo attonito del suo compagno di squadra ha fatto spallucce come per dire 'La voleva'. Difficile anche assistere dagli spalti a tanto tenerissimo scempio. Voglio dire che adesso so come si sentono i tifosi più accaniti quando il loro idolo li tradisce, quando Baggio sbaglia il rigore, quando Materazzi perde la testa (o meglio l'ha persa Zidane o ancor meglio l'ha solo indirizzata male), quando insomma sei testimone oculare ma inerme dello sfacelo.
Ad una madre però si deve dare una speranza così mi viene da pensare che forse anche la mamma di Robertino le prime volte che l'ha visto giocare, col cuore in una stretta, abbia pensato fra sè 'Chissà se è lo sport giusto per lui?'

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