sabato 31 ottobre 2009

Appaiono innocui talvolta.

Eravamo appena saliti in macchina e Hulko smanettava con l'autoradio. L'ho interrotto su Lifegate perché trasmetteva una canzone che mi piaceva,
- Aspetta, bella questa. E' così romantica.
- Ma tu non ce l'hai un marito.
- Hai ragione ma la canzone è bella lo stesso.
- Sì ma se non hai un marito non puoi avere dei bambini.
- Ho già avuto te.
- Eh già che non puoi mamma, come faresti? Se no sarebbe come un miracolo.
- (Più propriamente.)

problem-solving cecio e il programma teatrale.

pinocchio, alice, robin, la regina della neve
di oz il mago, un fantasmino, frecciazzurra
le marionette: un mondo - la via al sipario è breve
per scegliere compìta l'elenco mi sussurra

vorrei ci fosse un orso. e tutto il corollario:
vulcani, lune e stelle - l'allegra possessione
il vaglio è complicato. ma è proprio necessario?
vediamoli tuttissimi! ecco la soluzione...

giovedì 29 ottobre 2009

Hulko & SuperBoy.

La mia ex compagna di banco nonché amica e quasi vicina di casa è alle prese con un nipotino coscritto di Hulko e come lui altrettanto pacifico, giudizioso e tollerante.
Si somigliano senza somigliarsi. Presentandolo dovrei prima di tutto cercargli un nome d'arte e se Hulko è Hulko lui ricorda un po' Clark Kent, intellettuale, smilzo-tonico, capello pettinato, impegnato nella lotta contro le malvagità e soprattutto, orgoglio di nonna, contro le amenità della vita, SuperBoy.

Ho sorriso all prima telefonata dopo il rientro dalle vacanze sentendo il racconto di questo capitolo estivo della saga.
E' in montagna con i nonni e una sera dopo essere andato a sdraiarsi e aver letto un po' di "Indiana Pipps" ha finalmente spento la luce. Passati 10 minuti la nonna va a controllare e lo trova arzillo e pimpante così gli suggerisce di contare le pecore.
Poco più tardi SuperBoy non sta ancora dormendo e fra lo scettico e il mortificato si giustifica dicendole "Nonna sono pigre, non vogliono saltare lo steccato".

Una babysitter da favola (Need a babysitter today?)

Le favole del Fiocco Gigante | 7

- Mamma, vado a fare una passeggiata.
- Va' pure, Giovanni, ma sta' attento quando attraversi la strada.
- Va bene, mamma. Ciao, mamma.
- Sei sempre tanto distratto.
- Si', mamma. Ciao, mamma.
Giovannino esce allegramente e per il primo tratto di strada fa bene attenzione. Ogni tanto si ferma e si tocca.
- Ci sono tutto? Si, - e ride da solo.
E così' contento di stare attento che si mette a saltellare come un passero, ma poi s'incanta a guardaté le vetrine, le macchine, le nuvole, e per forza cominciano i guai.
Un signore, molto gentilmente, lo rimprovera:
- Ma che distratto, sei. Vedi? Hai già perso una mano.
- Uh, è proprio vero. Ma che distratto, sono.
Si mette a cercare la mano e invece trova un barattolo vuoto. Sarà proprio vuoto? Vediamo. E cosa c'era dentro prima che fosse vuoto? Non sarà mica stato sempre vuoto fin dal primo giorno..
Giovanni si dimentica di cercare la mano, poi si dimentica anche del barattolo, perché ha visto un cane zoppo, ed ecco per raggiungere il cane zoppo prima che volti l'angolo perde tutto un bràcao. Ma non se ne accorge nemmeno, e continua a correre.
Una buona donna lo chiama: - Giovanni, Giovanni, il tuo braccio!
Macché, non sente.
Pazienza, - dice la buona donna. - Glielo porterò alla sua mamma.
E va a casa della mamma di Giovanni.
- Signora, ho qui il braccio del suo figliolo.
- Oh, quel distratto. Io non so piu' cosa fare e cosa dire.
- Eh, si sa, i bambini sono tutti cosi.
Dopo un po' arriva un'altra brava donna.
- Signora, ho trovato un piede. Non sarà mica del Giovanni?
- Ma si che è suo, lo riconosco dalla scarpa col buco. Oh, che figlio distratto mi è toccato. Non so piu' cosa fare e cosa dire.
- Eh, Si sa, i bambini sono tutti così.
Dopo un altro po' arriva una vecchietta, poi il garzone del fornaio, Poi un tranviere, e perfino una maestra in pensione, e tutti portano qualche pezzetto di Giovanni: una gamba, un orecchio, il naso.
Ma ci può essere un ragazzo piu' distratto del mio?
- Eh, signora, i bambini sono tutti Così
Finalmente arriva Giovanni, saltellando su una gamba Sola, senza piu' orecchie nè braccia, ma allegro come sempre, allegro come un passero, e la sua mamma scuote la testa, lo rimette a posto e gli dà un bacio.
- Manca niente, mamma? Sono stato bravo, mamma?
- Sì Giovanni, sei stato proprio bravo.

La passeggiata di un distratto. (Gianni Rodari, Favole al telefono)

martedì 27 ottobre 2009

un bellissimo regalo



Hulko: cos'è?
LaZia: il mio album da colorare.
Hulko: posso solo guardarlo?
LaZia: certo.
Hulko: ma sei troppo brava a colorare.
LaZia: grazie.
Hulko: ma quanto ci hai messo a colorare tutto così? è bellissimo zia. anche il cielo. e qui... e qui...
LaZia: effettivamente un po'. e verso la fine mi faceva male la mano come quando andavo a scuola e dovevo scrivere tanto.

si è avvicinato :-) mi ha dato un bacio ♥ e rubato l'album :-|

lunedì 26 ottobre 2009

La stagione dei calzettoni di spugna.

Ieri ho accompagnato Hulko alla manifestazione di apertura della stagione sportiva del minibasket. Per inciso anche io e LaZia abbiamo un trascorso di mini-cestiste, lei di 'sfondamento', io di 'riserva' ma questa è un'altra storia.
Erano presenti vecchi e nuovi iscritti alla federazione, atleti di ogni razza, età e fede sportiva, pallavolo, basket, arti marziali e atletica. Veniva letto il nome di ciascuno e consegnata la maglietta personalizzata, quella ricevuta da Hulko recita un '1o-11 anni', abbondante e generosa. Ero lì ad assistere all'evento quando un sorriso caldo e coinvolgente ha attirato il mio sguardo. Seduta sul pavimento della palestra, fra timidi dodicenni aggraziate c'era una ragazza più grande, più femminile, più sicura di sé ma altrettanto fresca ed eccitata dalle operazioni in corso. Ho cercato di indovinarne l'età e forse non superava i 25-26 anni, mi è piaciuta senza che facesse nulla più di questo.
Dopo qualche applauso, una lunga sfilata di bimbi distratti e strillanti, ragazzi informi e ciondolanti e ragazzine ad un passo dal mondo adulto, accaparratici un bicchiere di the freddo, qualche patatina e un pezzo di pane e nutella abbiamo lasciato la palestra alla volta del tiepido pomeriggio di sole autunnale. Il tempo di uscire dal passo carraio della scuola e mi sono ritrovata a seguire la macchina condotta dalla stressa ragazza sorridente vista in palestra che aveva accolto a bordo della sua utilitaria grigia, tre delle ragazzine che allenerà nei prossimi mesi. Mi ha fatto una tenerezza enorme vederle insieme, sorridenti e felici. Mi sono ritrovata a pensare che mi sarebbe piaciuto essere una di quelle ragazzine che trova nella propria istruttrice una compagna, una consigliera, un'amica insomma una fidata guida adulta. Subito dopo però ho pensato anche che mi sarebbe piaciuto essere la ragazza, già grande, già responsabile, già consapevole di poter segnare la via a quelle ragazzine accompagnandole attraverso le gioie di una partita vinta, le preoccupazioni di un allenamento saltato o di un amore finito, il gioco di squadra. La forza del gioco di squadra. Auguro anche a Hulko di incontrare un sorriso altrettanto ricco sul suo cammino.

sabato 24 ottobre 2009

Quarant'anni dopo... Il diario di Adamo ed Eva.

E' mia preghiera e desiderio che le nostre vite finiscano insieme - desiderio che non sparirà mai dalla faccia della terra e che fino alla fine dei tempi vivrà nel cuore di ogni sposa innamorata; quel desiderio avrà il mio nome.

Ma se la vita di uno di noi dovrà per prima arrivare alla sua fine, è mia preghiera che quella vita sia la mia; perché lui è forte, mentre io sono debole, perché io non gli sono indispensabile tanto quanto lui lo è a me - la vita senza di lui non sarebbe vita; come farei a sopportarla? Anche questa mia preghiera è immortale e fino a quando che la mia razza si perpetuerà non smetterà di essere pronunciata. Io sono la prima sposa che sia mai esistita e mi reincarnerò in tutte le spose che verranno, fino all'ultima.

Alla tomba di Eva
ADAMO: "Ovunque lei sia stata QUELLO era l'Eden."


Tratto da Il diario di Adamo ed Eva di Mark Twain
Newton Compton, Grandi Tascabili Economici

ecco, praticamente un blog.



Consciousness : HD Typography motion graphics from Nicholas Schrunk on Vimeo.


venerdì 23 ottobre 2009

Matrioske


Passiamo in macchina sotto un enorme cartellone pubblicitario e...
Pansottina, esclama: "Zia guarda, le bambole".
Zia Byc: "Che belle! Si chiamano matrioske".
Pansottina: "Noo, sono bambole!".
Zia Byc: "Sì, sono bambole, ma bambole russe".
Pansottina: "Noo, non sono russe, sono bianche".
Zia Byc: "OK. Mi arrendo".

giovedì 22 ottobre 2009

auguri eccentrica sorellina



eccèntrica: eccèntrica
(pl. f. -ci) agg. fig. fuori norma, stravagante, bizzarro
avv. eccentricamente, fig. in modo stravagante
s. f. (anche f.-a), fig. chi si comporta o agisce in maniera strana, bizzarra, singolare.


vedi che sei tu? :-D
si, lo so. sono morta.
un tuo sguardo vale più di mille parole.
da sempre.
GULP!

mercoledì 21 ottobre 2009

Dopo la caduta... Il diario di Adamo ed Eva.

Se ci ripenso, il Paradiso Terrestre mi sembra un sogno. Era bello, più che bello, era un incanto; e ora l'ho perso, e non lo rivedrò più.

Ho perso il Paradiso Terrestre, ma ho trovato LUI e ne sono felice. Mi ama con tutte le sue forze; io lo amo con tutta l'intensità della mia natura appassionata, e questa, credo, è una caratteristica della mia giovane età e del mio sesso. Se mi domando perché lo amo, scopro di non saperlo e non mi importa un gran che; per questo credo che il mio genere di amore non sia il prodotto di ragionamenti e statistiche, come l'amore che uno prova per i rettili e gli animali.
Penso che sia proprio così. Certi uccelli li amo per il loro canto; ma Adamo non lo amo per come canta - no, proprio no; anzi, più canta e meno riesco ad accettare che lo faccia. E tuttavia gli chiedo di farlo, perché vorrei imparare ad amare tutto quello che lo interessa. Sono sicura che ce la farò perché all'inizio non potevo sopportarlo, ma adesso sì.

Fa venire la pelle d'oca, ma non importa; posso benissimo abituarmici.

Non è per la sua intelligenza che lo amo - no, proprio no. Non è colpa sua se ha l'intelligenza che si ritrova, è stato Dio a fargliela, non lui; Adamo è come Dio l'ha fatto, e questo è quanto basta. Aveva i suoi buoni motivi; di QUESTO sono sicura. Con il passare del tempo la sua intelligenza si svilupperà, anche se non tutta d'un botto, credo; e d'altronde non c'è fretta; - va bene così com'è.

Non è per le sue maniere gentili e attente o per la sua delicatezza che lo amo. No, sotto questo punto di vista, ha grandi carenze, ma va bene così, e poi sta facendo dei miglioramenti.

Non è per la sua applicazione costante al lavoro che lo amo - no, proprio no. Credo che lui sia fatto così e non capisco perché me lo voglia nascondere. E' questo il mio unico rammarico. Per il resto ora è schietto e aperto. Sono sicura che, oltre a quello, non mi tiene nessun altro segreto. Mi fa male che abbia un segreto tutto suo, a volte per questo non riesco a dormire, solo a pensarci, ma riuscirò a non pensarci più; quel segreto non riuscirà a sciupare la mia felicità che d'altronde è così grande che quasi trabocca.

Non è per la cultura che ha che lo amo - no, proprio no. E' un autodidatta e, a essere sinceri, sa un'infinità di cose, che però non sono vere.

Non è per la sua galanteria che lo amo - no, proprio no. Mi ha fatto la spia, ma io non gliene voglio; penso che sia una caratteristica del suo sesso, credo, e non è stato lui a creare il suo sesso. Naturalmente io non l'avrei mai fatto, piuttosto sarei morta; ma anche questa è una caratteristica del sesso, e non posso vantarmene, visto che non sono stata io a creare il mio sesso.

E allora quale è mai il motivo per cui lo amo? SEMPLICEMENTE PERCHE' E' MASCHIO, credo.

Sotto sotto è un essere buono e per questo lo amo, ma lo amerei anche se non lo fosse. Se mi picchiasse, se mi maltrattasse, io continuerei ad amarlo. Lo so. E' questione di sesso, credo.

E' forte, è bello e per questo lo amo, e lo ammiro, e ne sono fiera, ma riuscirei ad amarlo anche se queste qualità gli mancassero. Se fosse un uomo senza qualità lo amerei lo stesso; se fosse a pezzi, lo amerei lo stesso; mi ammazzerei di lavoro per lui, mi farei in quattro per aiutarlo e pregherei e starei al suo capezzale, a vegliarlo, fino alla morte.

Sì, penso di amarlo per la semplice ragione che mi appartiene e che è maschio. Non ne esiste altra, mi sembra. Per questo quindi penso che sia vero quello che ho detto fin dall'inizio: che non sono stati né i ragionamenti, né le statistiche a dare vita a questa forma di amore. Semplicemente SUCCEDE - nessuno è in grado di sapere come - e non lo si riesce a spiegare. E non ce n'è bisogno.

E' così che la penso. Ma non sono altro che una giovane donna e sono stata la prima a occuparmi del problema ed è possibile che, dato che non ne so molto e non ne ho una grande esperienza, non abbia capito come stanno le cose per davvero.

martedì 20 ottobre 2009

pum. ode al musetto della yaris.

sempre in corsa, zia riccetta
guida e appunta su tastiera
mille idee. ahilei, distratta!
grazie al cielo è tutta intera :)

ps anche la yaris.

lunedì 19 ottobre 2009

La bella tartaruga (1975) di Bruno Lauzi

Classici.

Da tempo io e Hulko dopo cena guardiamo insieme una trasmissione televisiva su K2 che ricorda vagamente i nostri amatissimi 'giochi senza frontiere' ma, almeno fino a questa sera, erano disputati solo da giapponesi. Omini e donnine, intesi come 'minuti', che si sfidano in ogni sorta di strampalata competizione all'ultima costola o all'ultimo dente. Le gare sono anche molto impegnative se affrontate senza preparazione fisica e l'unica protezione pare essere un caschetto leggero. Questa volta si sono affrontati giocatori di più nazionalità. Ogni volta che se ne presentava uno nuovo sullo schermo in basso a sinistra appariva in sovraimpressione la bandiera nazionale, inglese, francese, canadese, statunitense...poi ad un certo punto una che non abbiamo riconosciuto subito, e quando l'ho individuata, fra le risate per le immagini che stavamo osservando ho detto, - No, Hulko ho sbagliato è della Turchia. E lui di rimando, - Ah sì mamma, lui è turchese.

venerdì 16 ottobre 2009

il cecio è patti smith.

lo sai che a teatro è rosso, il sipario?
e quando si apre si batton le mani?
racconta, e si illumina il suo desiderio
da sopra il divano moltiplica i piani

il suo palco: chitarra, armonica e flauto
ci soffia e la pizzica con il ditino
le ridono gli occhi, spettacolo lauto
lo chiude con grazia. uno sputo - e un inchino.

giovedì 15 ottobre 2009

Once upon a time, not so long ago...

Ci sono delle mattine in cui non so cosa mettermi. Meglio, ci sono delle mattine in cui non ho voglia di vestirmi. Meglio ancora ci sono delle mattine in cui non uscirei di casa. Ecco quelli sono giorni difficili, magari è già tardi, magari sono anche un po' addormentata e il più delle volte le 'combinazioni pluri-sperimentate' non sono disponibili perché da ritirare in tintoria, o ancora da lavare, o ancora da stirare, o semplicemente perché i capi non si sono presentati spontaneamente e allora è inutile ostinarsi, se non riaffiorano nei primi 30-40 secondi, 50 al massimo non li troverai se non la sera al rientro dalle 11 ore di 'vita spremuta' quando non occorreranno più. Una volta questo non poteva accadere perché la sera, serenamente e noiosamente, sceglievo e riponevo accanto al letto gli indumenti per il giorno dopo. E' passato del tempo e ora la sera sono più inconcludente e meno scontata nelle mie azioni e così la mattina pago lo scotto. Qualche settimana fa ho vissuto una di queste 'giornate pregiudicate'. Non dimentichiamoci che dopo la doccia ad occhi chiusi e braccia conserte per il recente trauma dell'abbandono del giaciglio riscaldato devo anche affrontare il phon con l'incognita del risultato. Orbene passate le fasi trucco e parrucco mancava solo quella del costume di scena e non potendomi permettere di sostare oltre con lo sguardo vacuo davanti alle ante aperte del guardaroba mi sono infilata un paio di pantaloni grigio perla a sigaretta, una camicia senza maniche bianca, dei sandali beige tacco 7 alla loro terza apparizione stagionale (però acquistati in Carnaby Street) e borsa nera. D'accordo ho trascurato gli accessori ma devo aver pensato 'Non è il massimo ma sanno che ho buon gusto e che quando mi sistemo sono carina'. Uno di quei giorni in cui cerchi di defilarti il più possibile, in cui non invadi lo spazio vitale degli altri e fai di tutto perché loro non invadano il tuo. Insomma il tuo unico desiderio è di arrivare a sera anche se sai che non si dovrebbe fare, che ogni giorno va vissuto come fosse l'ultimo ma non ci puoi fare nulla e metti già in conto che mal che vada il tuo ultimo non sarà stato un granchè.
Procedeva tutto nella normalità quando in pochi minuti l'aria dell'ufficio è diventata quasi irrespirabile perché mescolata a forte odore di gas (quale gas non saprei ma facciamo di sicuro un gas cattivo). Io mi facevo piccola sulla sedia girevole tentando di ignorare gli sguardi interrogativi di buona parte degli altri abitanti dell'open space che tanto si sono agitati e tanto hanno starnazzato che ci è toccato 'lasciare gli uffici uscendo ordinatamente lungo le vie principali di fuga messe in sicurezza dalla squadra di soccorso anti-incendio e all'occorrenza anche solo anti-aria insalubre' (che in realtà già sostavano bellamente davanti all'ingresso del palazzo, quattro piani sotto di noi). Una manciata di minuti più tardi, la fiumana di gente vociante e stordita dall'evento non calcolato si è riversata nel piazzale antistante il palazzo, 200 persone circa in una piazzola da 2 camper per intenderci. Una mezz'ora di socialità inattesa e inespressa. Stanati, a spalle scoperte, alla luce del sole e sotto gli occhi di tutti. Tutti ma proprio tutti, anche quelli che non sai chi siano e soprattutto che si stanno chiedendo chi diavolo tu sia e da quanto tempo sia stata assunta. Tenti di stare vicino a qualche figura familiare per sentirne il calore ma senza che altri se ne accorgano, fingi l'assoluta padronanza della situazione, sorridi all'impazzata, stringi mani, offri battute di spirito, valuti fra te e te se non sia ancora un po' presto per gli stivali, se le pailettes prima della mezzanotte non siano premature, perché a te il tailleur non stia altrettanto bene e cosa tu abbia fatto di male per meritare tutto questo. Poi finalmente è rientrato quello che si è rivelato essere solo un allarme-smog e fra una serie interminabile di respiri di sollievo e sorrisi di circostanza abbiamo potuto occupare gli uffici più in fretta di quando li abbiamo evacuati, ritornando ai nostri più confortevoli anonimati.

Benevento: dalle streghe allo “Strega”. Tremila anni tra leggenda e storia, in due pagine.



Gli antichi Romani, da grandi conquistatori quali erano, l’avevano capito con notevole anticipo: Benevento è un luogo infido, malfamato e pericoloso, dove i malefici crescono con le erbe nei campi. Infatti la chiamavano Maleventum (cattivo evento –in verità, non conoscendo il greco, ne storpiavano il vero nome, che era Maloenton, fondata, nientepopodimeno che… da Diomede, mitico eroe greco della guerra di Troia, nel 1200 a.c., alla confluenza dei due fiumi Calore e Sabato-).

Che fosse un luogo sfortunato per loro, i romani ne ebbero una prima prova con le guerre sannitiche, durante le quali ebbero un bel filo da torcere. A Caudium (l’odierna Montesarchio), accerchiati in una gola, nel 304 a.c. (seconda guerra sannitica), le buscarono di santa ragione e furono tutti fatti prigionieri. I Sanniti, però, pastori e montanari, erano anche guerrieri impavidi ma forse non assetati di sangue: infatti, piuttosto che uccidere i prigionieri, preferirono sbeffeggiarli (in quella occasione inventarono la pernacchia) e oltraggiarli (anche fisicamente) alle Forche Caudine e mandarli tutti a casa, vivi. I Romani, poco dopo (terza guerra sannitica), tornarono e non furono altrettanto generosi con i Sanniti. Maleventum fu asservita.

Quando i Romani, a Maleventum, vinsero contro Pirro, ne cambiarono il nome in Beneventum (buon evento) nella speranza (poi risultata vana) di esorcizzare i malefici che ivi prolificavano.

Benevento, in epoca romana, ebbe una vita florida e opulenta, fiorente per le attività produttive (lana, argilla) ed i commerci, essendo strada obbligata tra Roma e l’Oriente, come mostrano grandiose costruzioni (il teatro romano, l’arco di Traiano).

Ma non durò a lungo. Durante l’impero romano (dall’88 d.c. in poi) i beneventani, nel tempio a lei dedicato, adoravano Iside (Signora di Beneventum), dea della magia, degli inferi e dell’occulto, dea della fertilità, Grande Madre affettuosa ma anche capostipite di tante generazioni di spiriti malefici. Adoravano tanti spiriti che si manifestavano sotto la forma di animali come il serpente, la civetta, il bue apis.

Solo nel tardo impero romano i beneventani si convertirono al cristianesimo, ma nel loro intimo sapevano che con i santi della Chiesa tutti gli altri spiriti continuavano a vivere, pronti a manifestarsi all’occorrenza.

Caduto l’impero romano, quando i Longobardi invasero l’Italia e crearono, nel 576 d.c., il Ducato di Benevento (che dominava su quasi tutta l’Italia Meridionale), Benevento fu invasa anche dalle streghe; gli spiriti locali, pronipoti di Iside (che prima se ne stavano buoni buoni, forse per paura della Chiesa imperante), e le streghe tedesche, venute al seguito dei Longobardi, si allearono.

Le streghe proliferarono ed infestarono per secoli le campagne attorno alla città, seminando il terrore; esse, dopo aver succhiato il sangue ai bambini, li uccidevano e ne estraevano il grasso necessario per un unguento magico di cui si ricoprivano e che consentiva loro di volare sopra scope di saggina o rivoltate in groppa a cavalli rubati dalle stalle.

Le streghe tedesche portarono l’usanza di riunirsi tutte sotto un noce, carico di serpenti, cui appendevano una pelle di caprone da addentare a morsi; al noce di Benevento le streghe arrivavano in volo da tutto il mondo all’epoca conosciuto (avevano creato una sorta di Unione Europea delle Streghe), recitando questa filastrocca:

unguiento unguiento
mandame alla noce de Beneviento
supra acqua et supra viento
et supra omne maletiempo
.

Arrivavano le notti tempestose tra il venerdì e il sabato e tenevano il loro Sabba lungo il fiume Sabato (ripa delle janare) al chiarore della luna; lì arrivavano anche i diavoli, capitanati da Lucifero, con i quali danzavano nude e copulavano in riti orgiastici ai quali non erano estranee nemmeno le magiche scope di saggina (chiaro simbolo fallico, secondo gli studiosi).

Erano veramente terrificanti, quasi tutte vecchie, brutte, pelle e ossa, con nasi adunchi e ridevano come ridono le civette (hi… hi… hi…).

Per debellare le streghe, a nulla valse l’atto di San Barbato vescovo che, nel 663 d.c., abbatté il noce.

A nulla valse nemmeno la costruzione, nel 760 d.c., ad opera del duca Arechi II, della splendida chiesa di Santa Sofia; anzi, secondo me, qualche strega ci mise lo zampino nella progettazione, tanto che ne è sorta una chiesa unica, con uno spazio centrale a pianta esagonale, circondato da un altro spazio dodecagonale e le mura perimetrali a tratti circolari e a tratti a forma stellare.



Caduti i longobardi, Benevento si affidò al papato per essere autonoma dal Regno di Napoli. Federico II di Svevia arrivò da Napoli e la assediò (“ ... possano essi perire per fame e crepare in quella libertà pestifera da loro stessi scelta ...”) e, nel 1241, la rase al suolo e abbatté i bastioni della maestose mura longobarde e parte delle mura stesse.

Come sappiamo, spesso gli opposti si reggono a vicenda: le streghe sicuramente aiutarono il papato e gli angioini (Carlo d’Angiò) a sconfiggere Manfredi di Svevia “in cò del ponte, presso Benevento” (Dante, Purgatorio, canto III) nel 1266; moriva così, con Manfredi di Svevia, il sogno ghibellino di un’Italia laica.

Benevento, nel tentativo di essere libera e autonoma da Napoli, cadde dalla padella nella brace. Il Papato la tenne sotto il suo potere fino a Garibaldi, per ben sette secoli. Il Papa, visto che gl’ingrati beneventani avevano provveduto a defenestrare (letteralmente) alcuni Rettori pontifici, fece costruire la Rocca dei Rettori (XIV secolo), per meglio dominare la città; il controllo religioso promanava, invece, dal magnifico Duomo di stile romanico con campanile gotico (sec. XII-XIII). Forse il papato volle tenere la città sotto controllo anche per combattere le streghe.

Niente da fare; le streghe imperversarono ancor di più sotto il dominio pontificio, tanto che la soluzione della questione fu affidata ai Tribunali e alla benemerita Santa Inquisizione.

I Tribunali scoprirono che molte streghe si erano formate nella scuola delle streghe di Baselice (un paesino tra le montagne dell’appennino sannita), ove imparavano a far abortire le giovani donne, a far nascere bambini deformi, a provocare le tempeste, a distruggere i raccolti, a trasformare sé stesse e le persone in animali; imparavano anche o procurare i malanni, ma anche a guarirli, cosa che facevano alle persone che stavano loro simpatiche.

Come le streghe erano le janare. Ti entravano in casa da sotto la porta (janua, da cui il termine janara), annunciate da un gelido soffio di vento che metteva i brividi, soprattutto ai bambini riuniti attorno al focolare o accovacciati sotto le lenzuola; si sedevano sul petto dei bambini e impedivano loro di respirare e di emettere un sia pur flebile grido di aiuto.

A differenza delle janare, le streghe bussavano violentemente prima di entrare.

I beneventani, terrorizzati ma furbi, impararono che per difendersi occorreva appendere fuori dalla porta di casa una scopa di saggina o un sacchetto contenente del sale, in modo che la strega, per poter accedere nella casa, avrebbe prima dovuto contare tutti i fili della scopa o i granelli di sale; e, mentre contava, si faceva giorno e la luce le faceva perdere i poteri, fino alla notte successiva.

A Benevento si tennero 200 processi contro le streghe ma, poiché già allora la Giustizia italiana faceva acqua, si ha notizia di poche condanne a morte di streghe. La strega Teresa da Pesco Sannita fu bruciata nel 1430: opportunamente torturata, spontaneamente confessò di essersi più volte unta di grasso di avvoltoio e sangue di bambini lattanti al fine di invocare il diavolo Lucibello, che le appariva in forma di caprone e, trasformatosi in mosca, la conduceva al noce di Benevento. Stessa fine fece un’altra strega, di nome Faustina Orsi che, aiutata nel ricordo da utile tortura, confessò di aver ucciso dei bambini e fu bruciata nel 1552.

La regina delle streghe fu Bellezza Orsini; giovanissima, bellissima di nome e di fatto, imparò la stregoneria a Fiano Romano dalla strega Lucia, detenuta in carcere e che Bellezza accudiva. Anch’ella opportunamente torturata, confessò tutti i suoi crimini (Andamo alla noce de Benevento e illi [lì] facemo tucto quello che volemo col peccato renuntiamo al baptismo e alla fede e pigliamo per signore e patrone el diavolo e facemo quel che vole luj e non altro). Per non finire bruciata dal boia, si ficcò più volte un chiodo in gola (1528).

Nel resto d’Europa, dove la Giustizia funzionava meglio, migliaia ne furono processate e condannate a morte dopo “spontanee” confessioni (si usava la tortura della corda, la garrotta, la ruota, la frusta, la lapidazione, la forca dell’eretico, gli stivali, l’impalazione). Naturalmente le confessioni erano confermate da molti testimoni oculari che avevano assistito alle malefatte di quelle Maledette da Dio.

Degni compari delle streghe, a Benevento, erano le manolonghe (vivevano in fondo ai pozzi e vi trascinavano dentro i malcapitati che vi si sporgevano) e i munacielli (piccoli monaci, spiritelli dispettosi che vivevano nelle vecchie case del centro storico, ma non erano particolarmente malvagi, tanto da lasciare in dono dei denari ai bambini, dopo averli impauriti con rumori di vario genere). L’ùrie d’a casa (gli auguri della casa) invece, erano spiriti benefici, protettori della casa e della famiglia e non si facevano mai vedere.

Una delle streghe più famose era la Zucculara, vecchietta zoppa che imperversava nel quartiere storico del Triggio (trivium). Si chiamava così perché correva per le stradine di pietra con dei grossi zoccoli, che facevano un gran baccano, bussava alle porte delle vecchie case, ma se andavi ad aprire la porta, fuori non vedevi nessuno, sentivi solo il rumore dei suoi zoccoli e la sua risatina agghiacciante (hi… hi … hi …) che si allontanava.

Da qualche tempo, ormai, si hanno pochissime apparizioni di streghe e janare, neanche i munacielli si vedono. Forse perché le scope di saggina non si fabbricano più, sostituite da quelle di plastica (e tutti sanno che le scope di plastica non possono volare); i munacielli e l’ùrie, poi, sono forse tutti morti, insieme con oltre 2000 beneventani, nei bombardamenti degli americani che, nel 1943, rasero al suolo il centro storico (miracolosamente si salvò la facciata del Duomo con il campanile). Tutti vittime della modernità (della tecnologia moderna o della guerra moderna, più terrificante delle streghe).

Ormai sono pochi i beneventani che si lasciano trasportare sulle ali della fantasia, tra diavoli e streghe. Per fortuna, da un pò di tempo, un pronipote di Bellezza Orsini, Luca Aquino, con la sua tromba stregata, ci guida “Sopra le nuvole”, per respirare aria di luna (“Lunaria”).

Una strega sicuramente sopravvive nascosta nei sotterranei della ditta Alberti, dove prepara intrugli di erbe magiche, in base ad una ricetta segreta, per fabbricare il delizioso liquore Strega, con il quale, dai tempi di Garibaldi, induce in tentazione di gola (la gola è uno dei sette peccati capitali) milioni di persone in tutto il mondo, al fine di mandarle tutte tra i suoi amici diavoli dell’Inferno. Ne sono certo, l’ho vista, sono pronto a giurarlo davanti alla Santa Inquisizione.

(Nunzio Aquino)
facebook

Maleventum, la leggenda del "Noce" [seconda parte]



Per la seconda parte ho pensato, saggiamente aggiungerei ;-) di chiedere aiuto alla mia preziosa guida. Chi meglio de LoZiodiMariposa avrebbe potuto raccontare della sua amata città? Mi metto da parte, e dall'ultimo banco con vivace curiosità ascolto... :-)


nella foto la "porta Benevento" e tratto di cinta fortificata della città romana di saepinum. sepino, campobasso. molise -italy-
Ringrazio per la gentile concesione :-) arch. francesco de vincenzi - isernia - (archifra)

mercoledì 14 ottobre 2009

Mercoledì. Il diario di Adamo ed Eva.

Ora, quando siamo insieme ci troviamo proprio bene e ogni giorno che passa ci conosciamo un po' di più. Non tenta più di evitarmi, buon segno, e lascia anche capire che gli piace avermi con sé.

Questo fatto a me dà piacere e io mi do un gran da fare per essergli il più utile possibile, così che la sua stima cresca.

Ultimamente mi sono completamente accollata il compito di dare un nome alle cose e il mio gesto lo ha molto sollevato, perché non è troppo dotato sotto questo aspetto e di questo mi è, in maniera evidente, grato. Non è in grado di farsi venire in mente un solo nome razionale che lo riscatti ai miei occhi, ma io faccio in modo che non si accorga che so di questo suo difetto. Così, ogni volta che appare una nuova creatura, io le do il nome prima ancora che il suo goffo silenzio ne tradisca l'imbarazzo. Così facendo, in diverse occasioni, gli ho risparmiato attimi di difficoltà. Io, quel suo difetto, non ce l'ho. Nel momento stesso in cui il mio sguardo si posa su un animale, so di che animale si tratta. Non ho bisogno di rifletterci su neppure un attimo; subito mi viene la parola esatta, proprio come per ispirazione, e non c'è dubbio che sia così, perché ho la certezza che un secondo prima quella parola non era dentro di me. Si direbbe che, per sapere di che animale si tratti, la forma di quell'animale e il modo in cui si muove mi siano sufficienti.

Quando per la prima volta fece la sua comparsa il dodo lui pensò che si trattasse di una lince. Glielo lessi negli occhi. Ma gli venni in aiuto. E fui molto attenta nel farlo in modo che il suo orgoglio non ne fosse ferito. Con grande semplicità, e come se fossi piacevolmente sorpresa, cominciai a parlare e, senza nemmeno avere l'aria di chi gli stesse fornendo un'importante informazione, dissi: "Guarda, guarda, sembra impossibile, ma quello è un dodo!" E senza avere per niente l'aria di farlo gli spiegai come ero riuscita a capire che era di un dodo che si trattava. Fu chiaro che era pieno di ammirazione, anche se mi venne il sospetto che si fosse un po' risentito del fatto che io ne conoscessi il nome e lui no. Che mi ammirasse, mi diede molto piacere e prima di addormentarmi quel pensiero mi ritornò alla mente più di una volta, riempiendomi di gioia. E' sufficiente così poco per farci felici quando sentiamo di esserci guadagnata la felicità.


Tratto da Il diario di Adamo ed Eva di Mark Twain
Newton Compton, Grandi Tascabili Economici

martedì 13 ottobre 2009

siamo tutte con lei. soprattutto se possiamo assaggiare :)




delizie salate e dolcetti coi fiocchi
creazioni esclusive gentili al palato
bramose le dita, bocconi per occhi
incantati, ogni senso ne sia risvegliato

profumi e sapori si fondono in bocca
il piano cottura la fa mezzobusto
nel cuore goloso della filastrocca:
chefBarluz insegna! la scuola è congusto :)


sabato 17 ottobre chefBarluz esordisce come docente alla scuola del progetto congusto, in via tazzoli 11, a milano - http://www.congusto.it/

robe da pupazzi.



Solo show 'Dushi', The Haque 2009
Different materials and a site specific video installation
A solo show inspired by the toys and (cuddle)sculptures of children, where the change of scale completely changes their function and feeling.

Rubber Duck, Hasselt 2009
10 x 11 x 13 meters
Inflatable, pontoon and generator
The Rubber Duck knows no frontiers, it doesn't discriminate people and doesn't have a political connotation. The friendly, floating Rubber Duck has healing properties: it can relieve mondial tensions as well as define them. The rubber duck is soft, friendly and suitable for all ages!

www.florentijnhofman.nl

Martedì. Il diario di Adamo ed Eva di Mark Twain.

Ho lavorato tutta la mattina per apportare miglioramenti alla mia proprietà; gli sono stata lontana di proposito perché speravo che così si sentisse solo e venisse da me. Inutilmente.

A mezzogiorno ho finito la mia giornata di lavoro e per svagarmi mi sono messa a giocherellare con le api e le farfalle, mi sono data alla pazza gioia tra i fìori, quelle creature stupende che rubano al cielo il sorriso di Dio e lo conservano dentro di sé. Li ho raccolti e ne ho intrecciato ghirlande con le quali ho rivestito il mio corpo mentre consumavo il pranzo - mele naturalmente; poi mi sono seduta nell'ombra ad aspettarlo piena di desiderio. Ma non è venuto.

Ma ha poca importanza. Non sarebbe successo assolutamente niente, perché i fiori non lo interessano. Li chiama robaccia, non li distingue l'uno dall'altro e pensa che sia segno di superiorità pensarla come la pensa lui. Non lo interesso io, non lo interessano i fiori, non lo interessa il cielo ornato di stelle la sera - ma esiste qualcosa che lo interessi oltre ai tuguri che si costruisce per rintanarvisi dentro così da proteggersi dalla buona pioggia che cade pulita; all'infuori dei meloni su cui picchia per vedere se sono maturi; all'infuori dell'uva che controlla grappolo per grappolo; all'infuori della frutta da albero che lui palpeggia per vedere come vanno i suoi possedimenti?

Ho messo un ramoscello secco sulla terra e ho cercato di farci dentro un buco usandone un altro, volevo realizzare un mio piccolo piano ma immediatamente mi sono presa uno spavento terribile. Dal buco si è alzata una pellicola bluastra, trasparente e sottile, ho lasciato cadere tutto e sono scappata. Ho pensato fosse uno spirito e mi sono presa una paura! Poi mi sono guardata alle spalle e lo spirito non mi seguiva; allora mi sono appoggiata a una roccia per riposarmi della corsa, ansimavo e mi tremavano le gambe; ho aspettato che le gambe e le braccia smettessero di tremarmi e ridiventassero salde. Poi, muovendomi cautamente, sono lentamente tornata carponi verso il punto da cui ero fuggita, mi guardavo intorno con circospezione, pronta a scappare se fosse stato il caso; e quando sono stata di nuovo vicina ho spiato da dietro un cespuglio di rose, dopo averne separato i rami - speravo che l'uomo fosse nei paraggi, perché avevo un'aria deliziosamente astuta e graziosa - ma lo spirito era scomparso.
Mi sono avvicinata e ecco che nel buco si raccoglieva un briciolo di polvere finissima e rosa. Ci ho messo dentro il dito perché volevo sentirne la consistenza e ho gridato "Ahi!", poi l'ho tirato fuori. E' stato un dolore lacerante. Mi sono messa il dito in bocca; dopo, tra gemiti e saltelli, prima su un piede poi sull'altro, sono riuscita in un attimo ad alleviare la sofferenza; allora ho provato una grande curiosità e ho cominciato a esaminare il tutto.

Mi incuriosiva sapere che cosa fosse la polvere rosa.

All'improvviso me ne è venuto in mente il nome, anche se non l'avevo mai sentito prima di allora. Era FUOCO! Ne ero certa più di qualsiasi altra cosa al mondo! Per questo, senza esitare gli diedi quel nome - fuoco.

Avevo creato qualcosa che prima non esisteva; alle ricchezze immense del mondo avevo aggiunto qualcosa di nuovo; nel rendermene conto ho sentito orgoglio per l'impresa compiuta e sono stata sul punto di mettermi a correre per cercarlo, per raccontarglielo, nella speranza di salire nella sua stima - ma ci ho pensato su e non l'ho fatto. No - non l'avrebbe interessato. Mi avrebbe chiesto a cosa mai potesse servire e come avrei potuto rispondergli?

Infatti se non fosse servito a nulla e fosse stato bello, semplicemente bello?

Così ho sospirato e non ci sono andata. Perché il mio fuoco non serviva a niente; non serviva a costruire una capanna, non serviva a migliorare la qualità dei meloni, non serviva a accelerare il raccolto; non aveva nessuna utilità, era una sciocchezza, così vana; egli l'avrebbe disprezzato, avrebbe detto parole dure. Ma ai miei occhi quel fuoco non andava disprezzato; ho detto "Fuoco, io ti amo; tu deliziosa creatura rosa sei BELLA - e questo è quanto basta!" e stavo per stringerlo al seno. Ma non l'ho fatto.
Poi ne ho ricavato un'altra massima, tutta di testa mia, che però era così simile alla prima da far sospettare che ne fosse un plagio:

Dopo che il fuoco l'ha scottato, l'Esperimento lo teme.

Di nuovo ci ho lavorato; e dopo essere riuscita a produrre una quantità discreta di polvere di fuoco, l'ho raccolta dentro una manciata di erba secca marrone, volevo portarla a casa, tenerla sempre con me e giocarci; ma il vento ci ha soffiato sopra con forza, la polvere si è sparsa ovunque intorno e mi ha colpita con violenza ed io l'ho lasciata cadere e mi sono messa a correre.

Quando mi sono girata indietro, lo spirito azzurro era lassù in alto, come una nuvola si allontanava disfacendosi e poi ricomponendosi in volute rotonde; subito pensai a un nome - FUMO! - anche se, lo giuro, non avevo mai sentito la parola fumo prima di allora.

In breve, faville luminose dal colore giallorosso si alzarono tra il fumo e in un attimo diedi loro un nome - FIAMME! - e come se non bastasse il nome era quello giusto, anche se quelle che avevo davanti erano di certo le prime fiamme del mondo. Salirono sugli alberi e nel loro splendore facevano di tanto in tanto capolino tra le ampie volute del fumo nella cui massa che andava estendendosi e riversandosi quelle fiamme di quando in quando scomparivano; l'entusiasmo e la gioia che ne provai furono tali che non riuscii a fare a meno di battere le mani, ridere, ballare, era tutto così nuovo e strano, così stupendo e bello!

Lui arrivò di corsa, si fermò con gli occhi spalancati, per molti minuti restò senza parole. Poi mi chiese che cosa fosse. Fu un peccato che me lo chiedesse con una domanda così esplicita. Perché naturalmente dovetti rispondergli e lo feci. Gli dissi che si trattava del fuoco. Che gli desse fastidio il fatto che lo sapessi, e che fosse costretto a chiedermelo, non è colpa mia; non avevo nessuna intenzione di innervosirlo. Dopo un momento di silenzio mi chiese:

"E come è successo?" Ancora una domanda esplicita cui bisognava dare una risposta esplicita.

"L'ho fatto io." Il fuoco si stava allontanando sempre di più. Egli si diresse al limite della zona bruciata e guardò a terra a lungo, poi disse: "E questi che cosa sono?"
"Carboni!"
Ne raccolse uno per guardarlo da vicino, ma cambiò idea e lo rimise per terra. Poi se ne andò. NIENTE lo interessa.

Ma tutto interessava me. C'era la cenere grigia, morbida, delicata, graziosa - la riconobbi subito. E la brace; riconobbi anche quella. Trovai le mele e ne raccolsi una gran quantità, la cosa mi diede piacere, perché sono molto giovane e ho un buon appetito. Ma ne fui delusa; erano scoppiate tutte e erano rovinate. Così sembrava; ma non era vero; erano migliori di quelle crude. Il fuoco è bello; penso anche che un giorno o l'altro avrà una sua utilità.

lunedì 12 ottobre 2009

...allora si che inizierei ad apprezzare il traffico della città.


Ogni mattina, LaZia si alza e sa che per sopravvivere dovrà farsi largo nel traffico in mezzo ai prepotenti che sbraitano a suon di clacson. Ogni mattina, LaZia si alza e sa che per sopravvivere dovrà avere tanta… ma proprio tanta... pazienza e un pizzico di fantasia. Così si immagina a bordo della numero 5, la Pussycat, piú impegnata a incipriarsi che a osservare tutto ciò che le accade intorno.


La corsa più pazza del mondo
Pussycat Vettura n°5 - La divina Penelope Pitstop

domenica 11 ottobre 2009

Domenica. Il diario di Adamo ed Eva.

E' ancora lì. Si direbbe che stia riposando. Ma è un trucco: la domenica non è il giorno giusto; è il sabato il giorno destinato al riposo. A me dà l'impressione di essere una creatura alla quale, più che qualsiasi altra attività, interessa il riposo.

Dovessi riposare così a lungo, io mi stancherei moltissimo. Solo a starmene seduta a guardare un albero, mi stanco.
Non riesco a capire a che cosa possa servire, quell'essere; non una volta che sia riuscita a vederlo fare qualcosa, una cosa qualsiasi.

Ieri sera hanno restituito la luna, ne ho provato una felicità immensa! Penso che si siano comportati molto onestamente.
Poi è riscivolata verso il basso e ancora una volta è caduta fuori, ma non ho provato tristezza; quando si hanno dei vicini simili non c'è di che preoccuparsi; la riporteranno dov'era. Vorrei tanto fare qualcosa che provasse la mia gratitudine. Vorrei fare aver loro delle stelle, perché noi qui ne possediamo fin troppe. Voglio dire io, non noi, perché mi sembra di capire che al rettile cose del genere proprio non interessino.

Ha gusti volgari e non è neppure gentile. Ieri sera, nell'ora del crepuscolo, quando andai a vederlo, era strisciato verso il basso e stava cercando di acchiappare i pesciolini screziati che giocano nello stagno e fui costretta a tirargli addosso delle zolle di terra, per far sì che li lasciasse in pace e se ne tornasse sull'albero. Mi domando se è a questo che quell'essere serve.

Dunque non ha un cuore? Non sente nessuna pietà per quelle minuscole creature? E' possibile che sia stato progettato e costruito perché compisse gesti così poco carini? Ne ha proprio l'aria. Una delle zolle lo colpì dietro l'orecchio e il rettile usò la parola. La cosa mi diede un'eccitazione intensa, perché era la prima volta che in vita mia sentivo la parola venire da un essere che non fossi io. Non lo capii, ma le sue mi sembrarono parole molto eloquenti.

Scoperto che il rettile sapeva parlare, ricominciai a provare interesse nei suoi confronti, perché io adoro parlare. Parlo tutto il giorno, parlo anche nel sonno, e dico cose molto interessanti, ma se solo avessi qualcuno con cui parlare, direi cose ancora più interessanti e non smetterei mai, se solo qualcuno lo volesse.

Se questo rettile è un uomo, allora non è una COSA, vero? Una COSA o ESSO non sarebbero corretti dal punto di vista grammaticale, vero? Dovrebbe essere un EGLI. Sì, penso che sia così. Quindi, se così fosse, è nel modo seguente che l'analisi grammaticale dovrebbe svolgersi: nominativo, EGLI; dativo, LUI; possessivo, SUO. Benissimo, fino a prova contraria, lo considererò un uomo e mi riferirò a lui usando il pronome egli fino al momento in cui egli risulterà essere qualcosa di diverso. Sarà più comodo così, piuttosto che avere tante incertezze.
La domenica della settimana seguente

Per tutta la settimana non ho fatto che stargli dietro per cercare di fare amicizia. Visto che era timido, è toccato a me occuparmi delle chiacchiere, ma lui non se ne è risentito. Sembrava gli desse piacere che io fossi lì, ho usato moltissimo il "noi", tanto socializzante, dal momento che l'essere incluso pareva lusingarlo.


Tratto da Il diario di Adamo ed Eva di Mark Twain
Newton Compton, Grandi Tascabili Economici

Sunday Test.

Il preambolo della giornata è stato questo, mi ha raggiunto con il telecomando in mano mentre preparavo la colazione:
- Mamma ci parliamo un po' o guardo la tv?
(...)
Poco più tardi lo sprono dalla cucina a compiere tutte le attività del mattino.
- Allora hai fatto?
Lui dal bagno, anche un po' divertito,
- Nada de nada. Lo sai cosa vuol dire?
Lo raggiungo,
- 'Niente di niente'. Datti una mossa, su.
- E 'Hello'?
- 'Ciao'.
- 'I like'.
- 'Mi piace'.
- Ehi come fai a saperle tutte!?
Son soddisfazioni. A 7 anni riesco ancora ad impressionarlo con le mie conoscenze, quanto durerà?

sabato 10 ottobre 2009

Sabato. Il diario di Adamo ed Eva.

Ora ho un giorno di vita. Quasi un giorno intero. Sono arrivata ieri. Almeno così mi sembra. E credo sia così, perché se è esistito un giorno-prima-di-ieri, quando quel giorno c'era non c'ero io, altrimenti me ne ricorderei. Naturalmente è possibile che quel giorno ci sia stato e che io non me ne sia accorta.
Benissimo; da ora in poi starò molto attenta e se mai ci saranno dei giorni-prima-di-ieri, ne prenderò nota. La cosa migliore sarà cominciare bene e fare in modo che le mie memorie non si presentino confuse, perché l'istinto mi dice che saranno proprio questi i particolari ai quali un giorno gli storici daranno peso.

Infatti ho la sensazione di essere un esperimento ed è esattamente come un esperimento che mi sembra di sentirmi; sarebbe impossibile, per chiunque, sentirsi un esperimento più di quanto mi ci senta io, così sto per arrivare alla conclusione che è proprio questo quello che SONO - un esperimento; un semplice esperimento, nient'altro di più.

Dunque, se sono un esperimento, è a me che quell'esperimento si riduce? No, non credo; credo che il resto ne sia parte. Io ne sono la parte più importante, ma penso che tutto il resto abbia il suo peso. Forse che la mia posizione è sicura, oppure è mio compito difenderla e averne cura? Probabilmente dovrò averne cura.

L'istinto mi dice che l'attenzione eterna è il prezzo della supremazia. (Per essere giovane come sono, quest'ultima frase mi pare molto intelligente.) Oggi ogni cosa ha un aspetto migliore di ieri. Nella fretta di mettere un termine al giorno di ieri le montagne erano state abbandonate in uno stato deplorevolmente lacero e era tale la quantità di resti e di macerie che ricopriva una parte dei bassopiani che l'immagine era piuttosto desolante. Opere d'arte di grande nobiltà e bellezza non dovrebbero conoscere la fretta; e non c'è dubbio che questo nuovo mondo è un'opera maestosamente nobile e bella. Senza alcun dubbio è inoltre stupendamente prossimo alla perfezione, per quanto sia da così poco che esiste.

In certi punti ci sono troppe stelle e troppo poche in altri, ma sono sicura che a questo si può porre rimedio in un attimo. La notte scorsa la luna si è liberata, è scivolata verso il basso e è uscita dal disegno - una perdita gravissima; al solo pensarci mi si spezza il cuore. Non esistono un ornamento e una decorazione che possano reggere al suo confronto, tanto è bella e rifinita con cura. La si sarebbe dovuta fissare meglio.
Se soltanto potessimo riaverla!

Ma naturalmente nessuno sa dove sia andata a finire. Inoltre, la persona che la troverà, chiunque sia, la nasconderà; lo so perché lo farei anch'io. Penso che sarei capace di essere onesta nei confronti di tutto il resto, ma ormai ho cominciato a rendermi conto che la vena più profonda della mia natura è l'amore per ciò che è bello, una vera e propria passione; sarebbe pericoloso affidarmi la luna di qualcun altro nel caso che quest'ultimo non sapesse che la persona che ne è in possesso sono io. Potrei rinunciare a una luna che avessi trovato alla luce del giorno, perché avrei paura che qualcuno mi avesse vista; ma nel caso la trovassi nel buio sono certa che mi inventerei una qualche scusa per evitare persino di parlarne. Perché adoro le lune, sono così graziose, così romantiche. Come mi piacerebbe che ce ne fossero cinque o sei; non andrei mai a letto; non mi stancherei mai di starmene sdraiata sulla riva muschiosa, con lo sguardo rivolto verso di loro.

Anche le stelle sono belle. Ne vorrei un paio, me le metterei nei capelli. Ma ho la sensazione che non riuscirò mai ad averle. Vi sorprenderebbe scoprire quanto siano lontane, perché non sembrano così distanti. Quando la notte scorsa, per la prima volta, sono apparse, ho provato a tirarne giù qualcuna con un bastone, ma con mia grande sorpresa non sono riuscita a toccarle; poi ho provato con delle zolle di terra, ci ho provato e riprovato tanto da restare, alla fine, senza forze, ma non sono riuscita a colpirne una, mai. Il fatto è che sono mancina e non mi riesce di tirare come si deve. Anche quando prendevo per bene di mira la stella che volevo colpire, colpivo l'altra, sebbene qualche volta ci sia arrivata vicinissima, perché ho visto la macchia nera della zolla penetrare le aureole dorate delle stelle, credo quaranta o cinquanta volte e mancarle per un'inezia; se solo fossi riuscita a resistere appena un po' di più una, forse, sarei riuscita a colpirla.

Così per un po' ho pianto, reazione naturale, credo, per una della mia età, poi, dopo essermi riposata, ho preso un cestino e mi sono incamminata alla volta di un posto, sul bordo estremo del cerchio, là dove le stelle erano vicine alla terra e dove avrei potuto raccoglierle con le mani e sarebbe stato molto meglio così, perché in quel modo avrei potuto coglierle amorevolmente, senza spezzarle. Ma era più lontano di quanto pensassi e alla fine dovetti rinunciarvi; ero stanca al punto da non riuscire a trascinarmi un passo più in là; e avevo un gran male ai piedi.

Non riuscii a ritornare a casa; era molto molto lontana e cominciava a fare freddo; ma trovai delle tigri e mi accoccolai fra di loro, le tigri erano deliziosamente comode e il loro alito dolce e piacevole, perché si nutrono di fragole. Non avevo mai visto una tigre prima di allora, ma in un attimo le riconobbi dalle strisce. Se riuscissi a procurarmi una di quelle pelli, me ne farei un grazioso mantello.

Oggi comincio a capire meglio che cosa siano le distanze. Il desiderio di impossessarmi di tutto ciò che fosse carino era così forte che, come stordita, allungavo la mano per afferrarlo e a volte era troppo lontano, a volte invece, quando era a mezzo palmo da me, avevo la sensazione che fosse a un palmo - e ahimè tra noi c'erano anche delle spine! Mi sono presa una bella lezione e ne ho anche ricavato un assioma, tutto di testa mia il mio primo assioma in assoluto: Dopo che la spina ha lasciato il suo segno, l'Esperimento la teme. Penso che, per essere giovane come sono, sia un gran bell'assioma.

Ieri pomeriggio, da lontano, ho seguito l'altro Esperimento, volevo capire a che cosa potesse servire. Ma non ci sono riuscita.

Credo sia un uomo. Non ne avevo mai visto uno, ma quell'essere gli assomigliava. Verso di lui mi rendo conto di provare una curiosità più forte di quella che provo nei confronti di qualsiasi altro rettile. Ammesso che sia un rettile e io credo lo sia; infatti ha capelli arruffati e occhi azzurri e sembra un rettile. Non ha fianchi; ha una forma affusolata come quella di una carota; quando sta in piedi si allarga come un argano, per questo penso sia un rettile, anche se è possibile che sia una questione di struttura.

In un primo momento mi fece paura; tutte le volte che si voltava mi mettevo a correre, perché pensavo che mi avrebbe inseguita, poi, poco alla volta mi resi conto che stava semplicemente cercando di far perdere le proprie tracce, così, da quel momento, non ne ebbi più timore e lo pedinai per parecchie ore, standogli alle spalle, alla distanza di circa dieci metri e questo fatto lo rendeva nervoso, infelice. Alla fine la cosa lo preoccupò parecchio, così si arrampicò su un albero. Per un po' rimasi a aspettare, poi ci rinunciai e tornai a casa.

Oggi si è ripetuta la stessa storia. Ancora una volta sono riuscita a farlo finire sull'albero.


Tratto da Il diario di Adamo ed Eva di Mark Twain
Newton Compton, Grandi Tascabili Economici

il mio primo audiolibro.



ascolta qui un brano

Tratto da Il diario di Eva di Mark Twain
Audiolibro, Edizioni Full Color Sound

http://www.fullcolorsound.it/twain.htm

venerdì 9 ottobre 2009

Ed è subito sera.

Sveglia. Colazione. Toeletta.
Macchina.
Bacio. Ingresso a scuola.
Macchina.
Ufficio. Sopravvivenza.
Macchina.
Lo recupero al giardinetto sotto casa vegliato dalla mamma di streghetta, a 2 ore dall'uscita da scuola.
Casa. Doccia (lui). Fornelli (io).

Sediamo al tavolo per cena.
- Allora Hulko che materia avete fatto?
- Geografia.
- Bene.
- Anzi no ortografia.
- Beh...
- No, no mamma ho sbagliato, era geografia...o non so.
- D'accordo oggi evidentemente avete studiato l'assonanza.

martedì 6 ottobre 2009

domenica 4 ottobre 2009

Oggetto non identificato (un titolo così è sprecato per questo post).

E' ufficiale sono arrabbiata. Anzi no sono disillusa. No meglio disincantata. Forse più propriamente stanca. Qualunque cosa sia non è piacevole.
Passerà.
Passerà?
Sì, passerà.

Tu chiamale se vuoi emozioni.

"a volte mi perdo nel leggere i vostri post e il vostro blog...
non so mai cosa scrivere,
ma mi piace molto quello che leggo
e quello che immagino siate diventate negli ultimi anni"


(Trasferito dalla ns mail privata)

Non potevamo lasciare che tu e le tue parole vi perdeste nel web. Questo è il vostro post(o). Ci hai commosso. Grazie AmicadiScorribande

amore, tango e stelle.



Il Tango è un patrimonio culturale dell'umanità: lo ha deciso il 1 ottobre 2009, il Comitato Intergovernativo dei Patrimoni intangibili dell'Unesco. Il Tango e' un demone agile e tempestoso. Il Tango è un pensiero triste che si balla. Il Tango è amore che diventa movimento. Il Tango argentino è il ballo più sensuale e nostalgico esistente al mondo da ballare sotto le stelle...
Adesso allora non mi resta che tifare per loro!

02/05/2003 L'Unesco tutela il firmamento contro l'inquinamento luminoso e il troppo alto consumo energetico perchè il cielo stellato è da difendere proprio come le risorse ambientali, la cultura, le opere d’arte o i capolavori dell’architettura...

http://www.cielobuio.org/

Questo post è per eppifemily, una perfetta tanghera.

venerdì 2 ottobre 2009

#splendida40enne. Noi ci abbiamo mandato lei!

La nostra meravigliosa inviata al #BLOGFEST.



BLOGFEST 2009
dal 2 al 4 ottobre 2009, Riva Del Garda

Oggi è iniziata la seconda edizione del BlogFest, il Festival italiano dedicato ai blogger, agli appassionati di internet e a quelli che come me, del mondo della rete ci hanno capito ancora poco ma ci sguazzano da mattina a sera con piacere!
8 BarCamp tematici allestiti nelle piazze del centro: ErotiCamp Soft, ErotiCamp Hard, PhotoCamp, MomCamp, To Do Camp, DissaporeCamp, YogaCamp e uno generalista "È morto il Bar Camp?", che fa il punto sullo stato di salute di questi incontri aperti (finalmente ho capito dove sono andata quando ho partecipato al primo MomCamp il lontano... quando è stato?!) E poi se nulla è cambiato c'è la prima Twitterence italiana, una conferenza con interventi contenuti entro il limite di 140 caratteri. E come mi ha insegnato qualcuno i limiti aguzzano l'ingegno... ;-)

Da Milano per oggi è tutto.
Passo e chiudo. A te la linea #splendida40enne.
Sono troppo arcaica :-D LOL


http://www.blogfest.it/
http://barcamp.org/MomCamp-BlogFest
https://twitter.com/paolabonini

L'arte di essere nonno.


"Non ho più altro da fare quaggiù, a parte amare."
"L'adorabile pericolo di essere nonno mi è caduto in testa e mi ha fatto una dolce ferita."

Victor Hugo (1802 -1885) scrittore, poeta e drammaturgo francese.

giovedì 1 ottobre 2009

il primo nato di nonhovalentina :)



s'accresce il principio del nostro parnaso
un blog con tre chili di più, o giù di lì
il trenta settembre è nato tommaso
StoPer... non si può più chiamare così!


zie e zio abbracciano virtualmente tommaso, mamma e babbo :)