mercoledì 29 dicembre 2010
Quel venerdì il programma era fittissimo.
Quel venerdì il programma era fittissimo. Nell'aula c'erano quattro chitarristi che strimpellavano, un inedito Brian collaborativo che si esercitava all'oboe. Micheal che trillava al flauto, Zach che tamburellava temi culinari sui bonghetti tenuti fra le ginocchia e altri due ragazzi che suonavano l'armonica. Susan Gilman, in piedi, era pronta a monopolizzare l'ora con una ricetta di parecchie colonne, articolata in quarantasette fasi diverse, che necessitava di ingredienti mai visti nelle case degli americani medi. Quella era pura poesia, annunciò, e Micheal era talmente elettrizzato che si disse pronto a comporre un pezzo per legni, archi, bonghi e voce di Susan. Pam, invece, si esibirà in cantonese in una ricetta dell'anatra alla pechinesee suo fratello, che è di un'altra classe, suonerà uno strumento dall'aspetto strano che in questa classe non ha mai visto nessuno.
Da parte mia tento di far passare qualche concetto. Chi di voi è non solo uno scrittore ma anche un osservatore coglierà l'importanza di quest'evento. Per la prima volta nella storia verrà letta una ricetta cinese con un accompagnamento musicale. Bisogna, saper riconoscere il momento storico. Lo scrittore è colui che si chiede sempre: cosa sta succedendo? Quello è lo scrittore. E potete giocarvi fino all'ultimo centesimo che mai nella storia, cinese e non, si è verificato un momento così.
Curo l'organizzazione dell'evento storico. Scrivete questi punti alla lavagna. Cominceremo con Pam e la sua anatra, poi a seguire Leslie con la zuppa inglese, Larry con le uova alla benedettina e Vicky con le costolette di maiale farcite.
Chitarre, oboi, flauti, armoniche e bonghi si stanno scaldando. I lettori ripassano le ricette in silenzio. La timida Pam fa un cenno al fratello e ha iniziato il recital dell'anatra alla pechinese. Mentre Pam canta con un lamento acuto, il fratello pizzica le corde del suo strumento e la ricetta è lunga, talmente lunga che uno alla volta entrano anche gli altri musicisti, e quando Pam finisce la lettura gli strumenti stanno suonando in grande esemble e la sfidano a raggiungere ottave altissime e ritmi incalzanti, al punto che Murray Kahn, il vicepreside, arriva trafelato dal suo ufficio temendo il peggio e non appena guarda dal vetro e vede l'esibizione in corso non resiste ed entra con gli occhi sgranati, finche la voce di Pam a poco apoco si abbassa, la musica si spegne, e l'anatra è finita.
Alla fine i critici sostennero che Pam avrebbe dovuto esibirsi per ultima. Nella ricetta dell'anatra e nella musica cinese c'era talmente tanto pathos che tutto il resto a confronto sembrava anemico. A parte ciò, dissero, parole e musica spesso non si abbinavano. Era stato un grande errore mettere i bonghi di sottofondo alla zuppainglese. Comunque, parlando di violini, Micheal era assolutamente perfetto per accompagnare la lettura delle uova alla benedettina, e la combinazione bongo armonica per le costolette di maiale farcite gli era piaciuta da matti. Nelle costolette c'era qualcosa che richiamava l'armonica ed era pazzesco come uno potesse pensare a un piatto e a quale strumento ci stesse meglio. Accidenti quest'esperienza imponeva un modo di ragionare tutto nuovo. Gli altri professori di inglese insegnavano roba concreta, analizzavano poesie, assegnavano tesine e spiegavano come si fanno le note e le bibliografie, ma nelle altre classi, dissero, c'era gente che avrebbe tanto voluto leggere una ricetta anziché Tennysone e Thomas Carlyle.
Pensare agli altri professori di inglese e alla roba concreta mi riaccende i dubbi. I colleghi stanno seguendo il programma, preparano i ragazzi alla carriera universitaria e al vasto mondo del lavoro. Noi non siamo qui per divertirci, prof.
Tratto da Ehi, prof! di Frank McCourt, pubblicato in Italia nella collana Fabula di Adelphi nel 2006, (2005, titolo originale:Teacher Man)
lunedì 27 dicembre 2010
alla fine vincono i buoni
Da ottobre scorso, cioè da quando è nato il fratellino, che per inciso ha avuto l'impudenza di venire al mondo lo stesso giorno del mio compleanno, sapevamo che per Natale Hulko avrebbe viaggiato da solo per raggiungere il padre a Madrid. Da ottobre scorso NonnoSavio si è raccomandato almeno con cadenza settimanale di controllare esattamente i documenti e le autorizzazioni di viaggio onde evitare che rimanesse a terra. Da ottobre scorso avrei avuto tutto il tempo di occuparmente personalmente ma invece ho rimandato al papà di Hulko che ha rimandato alla segretaria che ha rimandato all'addetta dell'agenzia viaggi che aveva le fonti sbagliate.
Ecco così che il 25 pomeriggio abbiamo chiuso il bagaglio, il 25 sera Hulko si è fatto dare una sveglia per sé ed io ne ho caricate 2 per me per non perdere il volo delle 1120. Siamo arrivati in aeroporto con abbondante anticipo, quello davanti ci soffia l'ultimo parcheggio al coperto e i 2 parchimetri più vicini sono fuori uso, incrocio una signora che sta raggiungendo quello un centinaio di metri più avanti che mi offre asilo sotto l'ombrello. Non ho abbastanza moneta. Parto alla volta della cassa parcheggi al piano inferiore. Esponiamo il tagliando del parcheggio sul cruscotto dopo 15' dall'arrivo. Hulko nel frattempo ha già chiesto un paio di volte l'ora. Entriamo e facciamo la prima tappa in biglietteria Alitalia dove ci confermano la prenotazione e ci invitano a raggiungere l'area 1 per il check in. Ci aggiungiamo ai milioni di passeggeri in fila e alle 10 siamo davanti l'operatrice:
"Buongiorno."
"Buongiorno, abbiamo una prenotazione sul volo per Madrid con assistenza speciale per minore non accompagnato."
"Bene, documento del bambino e autorizzazione della questura."
Mi si gela il sangue,
"Quale autorizzazione? Non ho alcuna autorizzazione, ho fatto chiedere espressamente se fossero necessari documenti o autorizzazioni particolari per il viaggio e mi è stato detto di no."
"Signora stia calma adesso controlliamo sul sito."
Hulko nel frattempo scoppia in lacrime
"Noooon parto, mamma!?"
"Adesso risolviamo dai non piangere." Alterna le lacrime all'iperventilazione ma non posso star dietro solo a lui, devo finire il match con l'assistente
"Vede signora è una disposizione entrata in vigore a luglio di quest'anno."
"Senta le dico che io ho controllato più volte con l'agenzia, abbiamo telefonato apposta, guardi non è solo una questione di soldi del biglietto, è che il bambino deve incontrare per pochi giorni il padre che poi parte per l'Australia."
La vista del faccione chiazzato di Hulko intenerisce la hostess che chiama la reponsabile del check in ma non c'è nulla da fare, Hulko resta a terra.
Attraversiamo il corridoio recandoci in biglietteria, racconto nuovamente le mie ragioni all'impiegata che mi dice di non poter far di più per aiutarci ma altrettanto coinvolta cerca per noi uno spiraglio e ci indirizza alla Polizia di Stato.
Arriviamo ormai trafelati ed accaldati davanti il citofono della Polizia, veniamo invitati ad entrare ed accomodarci in sala d'attesa. Hulko è stremato ma continua a singhiozzare e a camminare in tondo, quando l'emergenza rientrerà dovrò forse preoccuparmi di fargli fare delle sedute per imparare a gestire l'ansia.
Da dietro una porta si materializza un uomo, un commissario.
"Sì?"
Lo investo di parole, in un paio di minuti gli spiego il calvario, lui mi ascolta e guarda Hulko.
"Signora è la legge, il bambino non può partire senza la lettera di accompagno."
"D'accordo questo mi è chiaro ora ma è domenica ed è pure il 26 dicembre, dove posso fare questo documento?"
"Credo che lo rilasci solo la Questura."
Dietro di lui passa un suo superiore a cui domanda conferma di quanto appena detto. Lui mi scruta indolente,
"Signora lo emette solo la questura."
"Ah va bene, quindi vado dove ho fatto fare il passaporto tre mesi fa."
"No signora, le ho detto la Questura non i Commissariati e comunque oggi è domenica ed è tutto chiuso."
"Mi scusi ma non c'è proprio modo di fare diversamente? Sa il bambino deve andare in Spagna solo per pochi giorni per incontrare il papà."
Secco fa per andarsene
"Dovrebbe essere contenta di sapere che la legge è a tutela di suo figlio."
"Beh certo è solo che..."
"Lo sa perché è giusta? perché i bambini non dovrebbero viaggiare da soli, i bambini dovrebbero viaggiare con i genitori."
Mi accorgo che non c'è dialogo, non può esserci alcun dialogo, mi sporgo leggermente e recupero dalle sue mani il passaporto individuale di Hulko(firmato consensualmente da entrambi i genitori)
"Evidentemente lei non è separato, grazie comunque, arrivederci."
Lascia la stanza, non credo che le mie parole lo abbiamo raggiunto.
Hulko si accascia sulla poltroncina, io sono furibonda e ferita.
Quasi non mi accorgo che il commissario è ancora lì in piedi,
"Io sono separato."
Avrebbe potuto liquidarci anche lui, avrebbe potuto non confessarcelo, avrebbe potuto aiutarci senza mettersi a nudo ma non lo ha fatto, lo avrei abbracciato per tanta franchezza d'animo.
Poi mi ha chiesto quale fosse il commissariato più vicino a casa nostra e ha telefonato,
"Buongiorno, sono il commissario X...ho qui una signora con un minore che deve volare non accompagnato...voi le fate?...passami qualcuno dell'ufficio passaporti...no guarda è urgente voglio risolvere questa cosa...sì grazie...d'accordo viene domattina ...grazie, a risentirci."
Mentre mi riferisce le disposizioni da seguire non posso non pensare che è stato gentile da parte sua e uscendo dall'ufficio con Hulko strascicante dietro sono leggermente rincuorata dal fatto che c'è ancora qualcuno che ha voglia di fare per gli altri. Poi è la volta dei 30 minuti di telefonata con l'operatrice del call center Alitalia che dopo un'iniziale freddezza si lascia coinvolgere e finisce la telefonata dandomi tutte le informazioni possibili per tentare di far rivalsa sull'agenzia che non solo non ci aveva informati dell'esistenza della disposizione di viaggio ma aveva anche prenotato l'assistenza speciale su un volo per il quale non era possibile farlo.
Mesti, mesti dopo quasi 4 ore di sosta in aeroporto abbiamo ricaricato il bagaglio in macchina e siamo tornati a casa.
"Sai cos'è peggio Hulko? che il nonno ci dirà che ci aveva tanto raccomandato di controllare."
"Ma mamma noi abbiamo telefonato."
Me lo ha sentito ripetere tante di quelle volte nella mattinata che ormai lo sa anche lui.
"Lo so passerotto ma avrei fatto bene a controllare io stessa invece di affidarmi agli altri."
In realtà il vero epilogo si è avuto solo oggi 27 dicembre alle 19.05 quando Hulko è finalmente atterrato a Madrid, nel mezzo ci sono state non so più nemmeno quante telefonate al call center e in questura senza che sia riuscita ad avere un quadro definitivo oltre ad un nuovo tentativo di boicottaggio perchè sulla lettera rilasciata dalla questura mancava la foto peraltro da nessuno mai citata fino al momento del check in di oggi, cosa che è costata un nuovo attacco d'ansia al povero Hulko.
Una cosa però mi piace sottolinearla, abbiamo incontrato più di una persona attenta e disponibile, dalla signora con l'ombrello che andando via voleva regalarmi il suo tagliando ancora non scaduto del parcheggio, all'impiegata della biglietteria che mi ha ascoltata e aiutata a più riprese per finire con il commissario che, se non fossi stata tanto agitata avrei anche avuto modo di trovare affascinante oltre che gentile, non sarà il già noto Montalbano ma sono certa che abbia anche lui il suo piccolo pubblico.
Ecco così che il 25 pomeriggio abbiamo chiuso il bagaglio, il 25 sera Hulko si è fatto dare una sveglia per sé ed io ne ho caricate 2 per me per non perdere il volo delle 1120. Siamo arrivati in aeroporto con abbondante anticipo, quello davanti ci soffia l'ultimo parcheggio al coperto e i 2 parchimetri più vicini sono fuori uso, incrocio una signora che sta raggiungendo quello un centinaio di metri più avanti che mi offre asilo sotto l'ombrello. Non ho abbastanza moneta. Parto alla volta della cassa parcheggi al piano inferiore. Esponiamo il tagliando del parcheggio sul cruscotto dopo 15' dall'arrivo. Hulko nel frattempo ha già chiesto un paio di volte l'ora. Entriamo e facciamo la prima tappa in biglietteria Alitalia dove ci confermano la prenotazione e ci invitano a raggiungere l'area 1 per il check in. Ci aggiungiamo ai milioni di passeggeri in fila e alle 10 siamo davanti l'operatrice:
"Buongiorno."
"Buongiorno, abbiamo una prenotazione sul volo per Madrid con assistenza speciale per minore non accompagnato."
"Bene, documento del bambino e autorizzazione della questura."
Mi si gela il sangue,
"Quale autorizzazione? Non ho alcuna autorizzazione, ho fatto chiedere espressamente se fossero necessari documenti o autorizzazioni particolari per il viaggio e mi è stato detto di no."
"Signora stia calma adesso controlliamo sul sito."
Hulko nel frattempo scoppia in lacrime
"Noooon parto, mamma!?"
"Adesso risolviamo dai non piangere." Alterna le lacrime all'iperventilazione ma non posso star dietro solo a lui, devo finire il match con l'assistente
"Vede signora è una disposizione entrata in vigore a luglio di quest'anno."
"Senta le dico che io ho controllato più volte con l'agenzia, abbiamo telefonato apposta, guardi non è solo una questione di soldi del biglietto, è che il bambino deve incontrare per pochi giorni il padre che poi parte per l'Australia."
La vista del faccione chiazzato di Hulko intenerisce la hostess che chiama la reponsabile del check in ma non c'è nulla da fare, Hulko resta a terra.
Attraversiamo il corridoio recandoci in biglietteria, racconto nuovamente le mie ragioni all'impiegata che mi dice di non poter far di più per aiutarci ma altrettanto coinvolta cerca per noi uno spiraglio e ci indirizza alla Polizia di Stato.
Arriviamo ormai trafelati ed accaldati davanti il citofono della Polizia, veniamo invitati ad entrare ed accomodarci in sala d'attesa. Hulko è stremato ma continua a singhiozzare e a camminare in tondo, quando l'emergenza rientrerà dovrò forse preoccuparmi di fargli fare delle sedute per imparare a gestire l'ansia.
Da dietro una porta si materializza un uomo, un commissario.
"Sì?"
Lo investo di parole, in un paio di minuti gli spiego il calvario, lui mi ascolta e guarda Hulko.
"Signora è la legge, il bambino non può partire senza la lettera di accompagno."
"D'accordo questo mi è chiaro ora ma è domenica ed è pure il 26 dicembre, dove posso fare questo documento?"
"Credo che lo rilasci solo la Questura."
Dietro di lui passa un suo superiore a cui domanda conferma di quanto appena detto. Lui mi scruta indolente,
"Signora lo emette solo la questura."
"Ah va bene, quindi vado dove ho fatto fare il passaporto tre mesi fa."
"No signora, le ho detto la Questura non i Commissariati e comunque oggi è domenica ed è tutto chiuso."
"Mi scusi ma non c'è proprio modo di fare diversamente? Sa il bambino deve andare in Spagna solo per pochi giorni per incontrare il papà."
Secco fa per andarsene
"Dovrebbe essere contenta di sapere che la legge è a tutela di suo figlio."
"Beh certo è solo che..."
"Lo sa perché è giusta? perché i bambini non dovrebbero viaggiare da soli, i bambini dovrebbero viaggiare con i genitori."
Mi accorgo che non c'è dialogo, non può esserci alcun dialogo, mi sporgo leggermente e recupero dalle sue mani il passaporto individuale di Hulko(firmato consensualmente da entrambi i genitori)
"Evidentemente lei non è separato, grazie comunque, arrivederci."
Lascia la stanza, non credo che le mie parole lo abbiamo raggiunto.
Hulko si accascia sulla poltroncina, io sono furibonda e ferita.
Quasi non mi accorgo che il commissario è ancora lì in piedi,
"Io sono separato."
Avrebbe potuto liquidarci anche lui, avrebbe potuto non confessarcelo, avrebbe potuto aiutarci senza mettersi a nudo ma non lo ha fatto, lo avrei abbracciato per tanta franchezza d'animo.
Poi mi ha chiesto quale fosse il commissariato più vicino a casa nostra e ha telefonato,
"Buongiorno, sono il commissario X...ho qui una signora con un minore che deve volare non accompagnato...voi le fate?...passami qualcuno dell'ufficio passaporti...no guarda è urgente voglio risolvere questa cosa...sì grazie...d'accordo viene domattina ...grazie, a risentirci."
Mentre mi riferisce le disposizioni da seguire non posso non pensare che è stato gentile da parte sua e uscendo dall'ufficio con Hulko strascicante dietro sono leggermente rincuorata dal fatto che c'è ancora qualcuno che ha voglia di fare per gli altri. Poi è la volta dei 30 minuti di telefonata con l'operatrice del call center Alitalia che dopo un'iniziale freddezza si lascia coinvolgere e finisce la telefonata dandomi tutte le informazioni possibili per tentare di far rivalsa sull'agenzia che non solo non ci aveva informati dell'esistenza della disposizione di viaggio ma aveva anche prenotato l'assistenza speciale su un volo per il quale non era possibile farlo.
Mesti, mesti dopo quasi 4 ore di sosta in aeroporto abbiamo ricaricato il bagaglio in macchina e siamo tornati a casa.
"Sai cos'è peggio Hulko? che il nonno ci dirà che ci aveva tanto raccomandato di controllare."
"Ma mamma noi abbiamo telefonato."
Me lo ha sentito ripetere tante di quelle volte nella mattinata che ormai lo sa anche lui.
"Lo so passerotto ma avrei fatto bene a controllare io stessa invece di affidarmi agli altri."
In realtà il vero epilogo si è avuto solo oggi 27 dicembre alle 19.05 quando Hulko è finalmente atterrato a Madrid, nel mezzo ci sono state non so più nemmeno quante telefonate al call center e in questura senza che sia riuscita ad avere un quadro definitivo oltre ad un nuovo tentativo di boicottaggio perchè sulla lettera rilasciata dalla questura mancava la foto peraltro da nessuno mai citata fino al momento del check in di oggi, cosa che è costata un nuovo attacco d'ansia al povero Hulko.
Una cosa però mi piace sottolinearla, abbiamo incontrato più di una persona attenta e disponibile, dalla signora con l'ombrello che andando via voleva regalarmi il suo tagliando ancora non scaduto del parcheggio, all'impiegata della biglietteria che mi ha ascoltata e aiutata a più riprese per finire con il commissario che, se non fossi stata tanto agitata avrei anche avuto modo di trovare affascinante oltre che gentile, non sarà il già noto Montalbano ma sono certa che abbia anche lui il suo piccolo pubblico.
sabato 25 dicembre 2010
25 dicembre 2010
lunedì 20 dicembre 2010
A destra del letto di mio padre c’è Walter.
A destra del letto di mio padre c’è Walter.
Walter era infermiere in un grande ospedale fiorentino. Era un “ferrista”, cioè uno di quelli che assistono il chirurgo durante le operazioni. Dieci anni fa è andato in pensione, e s’è trasferito con la moglie e il figlio nel paesino natale di lei, sulle pendici dell’Amiata. Walter il marzo scorso ha avuto una crisi epilettica, seguita poi da lancinanti mal di testa. Dopo mesi di esami e analisi, un mese e mezzo fa, gli hanno diagnosticato un tumore al cervello esteso e inoperabile. Adesso Walter giace disteso a letto. Ha perso completamente la parola, e quasi tutte le capacità motorie. Capisce tutto, e si esprime cogli sguardi. Gli somministrano un sacco di medicinali, antidolorifici e soprattutto calmanti che scongiurino le crisi epilettiche.
La moglie è una signora magra e calma, cogli occhi grandi e fermi, e nello sguardo le leggi dolore e stupore. Quando è dentro la camera, nutre e cura il marito con dolcezza e sorridendo. Poi esce nel corridoio e, qualche volta, piange silenziosamente. Il figlio è un ventunenne tracagnotto, dall’andatura simpatica e dallo sguardo sereno e gioviale. Ha seguito le orme del padre, ed è al secondo anno della scuola da infermieri. Quando è nella stanza, si prende imperturbabile e sorridente cura del suo babbo. L’ho visto cercargli per cinque minuti una vena nel piede per la flebo – le braccia ormai sono tumefatte dalle troppe punture -, senza fare una piega, sempre delicato, affettuoso e allegro. Poi, nel corridoio, con la stessa calma energia, così sorprendente in un ragazzo così giovane, consola la madre e cerca di condurla dolcemente ad accettare lo stato delle cose. Sono sicuro che W. si senta orgoglioso d’avere un figlio così. Io lo sarei, e molto. Al tempo stesso, se i figli sono in qualsiasi misura lo specchio dei genitori, Walter di certo dev’essere stato un gran bravo padre.
Guardo ammirato e affascinato la delicata coesione, la saldezza d’affetti e la dignità con cui questa famiglia sta affrontando l’atroce procedere della morte al lavoro, e mi ritrovo a pensare che queste persone, che sulla carta potremmo definire come semplici e umili, siano tra le più ricche che abbia mai incontrato. E poi, sua sponte, mi viene in mente un noto adagio evangelico, e d’improvviso esso m'appare cristallino e perfettamente sensato, senza bisogno di scomodare alcun dio: “beati i miti, perché essi erediteranno la terra”.
A sinistra del letto di mio padre c’è Sergio.
Sergio è un rumoroso signore viterbese sulla settantacinquina. Sposato con una grossetana s’è trapiantato colà, e ha avuto tre figli. E’ stato portato in questo piccolo ospedale perché quello grande e moderno di Grosseto non aveva letti. Lui e la moglie erano già stati qui trent’anni fa: aveva avuto un colpo di sonno, erano finiti coll’auto in una scarpata e qui gli avevano salvato la vita. Sergio è arrivato qui con la moglie, che ha vissuto per due giorni nell’ospedale dormendo su una seggiola, poi è sparita. Una notte mi sono affacciato in camera per vedere se mio padre dormiva, e ho visto che lei, sfinita, s’era allungata sul letto del marito, e dormivano abbracciati.
Non si capisce bene cos’abbia Sergio: la moglie – una signora stanca dall’aria un po’ assente.-, mentre l’aiutavo a parcheggiare il suo vecchio pandino, mi ha detto che lui quest’estate ha avuto il fuoco di Sant’Antonio, è stato molto male, si è depresso e non si è più ripreso.
Sergio ha un vocione laziale che fa tremare i vetri, e fa dei gran teatri, e chiede continuamente e rumorosamente attenzione. Dice che muore, che non respira, ma dall’energia con cui lo dice è difficile prenderlo sul serio: e infatti anche gli infermieri gli dicono spazientiti suvvia, la smetta, son ben altri quelli che muoiono. Sergio spesso fa molto ridere, sembra uscito da un film di Verdone. Oscilla tra consigli sulle trattorie in zona, a enunciazioni del fatto che oggi lascerà l’ospedale, a colorite reprimende agli infermieri che lo trascurano, a richieste di parlamentare “col responsabile qui della baracca”. Sergio a volte è irritante: egoisticamente penso a mio padre che avrebbe bisogno di riposo, e invece lui fa continuamente dei gran casini, pretende cose e litiga cogli infermieri.
Ieri l’altro mattina Sergio mi guarda e fa: “Sa, stanotte ero indeciso se morire o no. Poi ho pensato ai miei fiji, e ho deciso che volevo vivere”. Poi s’è messo a piangere.
Ieri mattina hanno lasciato i vassoi colle colazioni, la moglie anche ieri non c’era, gli infermieri (ovviamente pochi per tutti quei malati) tardavano, così Sergio m’ha ingiunto col vocione d’aiutarlo. Allora gli ho reclinato il letto, incastrato il tavolino tra le sponde, e servito il vassoio col caffelatte e le fette biscottate. Sergio ha spazzolato tutto d’appetito, sia la sua colazione che quella della moglie assente. Poi ha enunciato che in giornata se ne sarebbe andato, ha cominciato ad agitarsi, a chiedere che voleva parlare colla moglie, che qui che là, a chiamare a gran voce gli infermieri, a chiedermi se avevo il cellulare per telefonare a casa eccetera. Per farlo star buono, gliel’ho dato. Ha chiamato, e ha cominciato a urlare nel telefono di venirlo a prendere. Ma siccome è duro d’orecchi, non capiva le risposte e allora m’ha passato la moglie, che mi ha detto agitata che lei oggi non aveva la macchina e non poteva venirlo a prendere. Ho riferito a Sergio la cosa, e col suo modo di fare brusco e col vocione pretendeva di sapere da me cosa significava che non aveva la macchina. Un po’ spazientito, soprattutto a causa degli effetti che tutta quest’agitazione poteva avere su mio babbo, ho cercato un po’ di tagliare corto per farlo stare buono. Alle nove ci hanno buttato fuori dal reparto, e come previsto sono ripartito per Milano.
Ieri sera, arrivato a casa, chiamo per avere notizie del babbo. La moglie di mio padre, sconvolta, mi racconta: verso le cinque del pomeriggio, Sergio ha fatto per l’ennesima volta uno dei suoi numeri. Solo che questa volta sembrava stare male sul serio. E, nel giro di cinque minuti, davanti a lei e a mia sorella sedicenne che per lo shock ha cominciato a buttare sangue dal naso, e nell’incredulità generale, a partire dagli stessi infermieri, Sergio è morto. Quando ho riagganciato il telefono mi sono accorto che stavo tremando.
scritta da lucah: "Le due storie quissù le ho scritte da un lato a scopo terapeutico, per sfogarmi e sublimare l'angoscia per ciò che ho visto in questi giorni, dall'altro perché mi parevano meritevoli d'essere raccontate, e, per ciò che mi concerne, in futuro ricordate."
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domenica 19 dicembre 2010
L'altra faccia della Domenica.
Telefoniamo a Nonnaragno per chiederle di raggiungerci per le 1120 così da andare insieme a messa, lei obietta decisa che abbiamo sicuramente sbagliato orario perché é impossibile che i nonnini facciano così tardi per il pranzo. La messa infatti è alle 11. Arriviamo e la piccola chiesa di quartiere è stracolma. Ci tocca di addossarci alle pareti e le colonne ci celano l'altare. Hulko timido avanza lungo la navata ma non è abbastanza coraggioso da raggiungere gli amici vicino al Don. Si ferma a pochi passi da loro, il Gesù Bambino stretto nella mano destra. Gli altri giacciono invece sull'altare, allineati, rosei, tutti differenti. L'omelia procede. I bambini impazienti. I ragazzi si sorridono, fanno strani saluti con le mani, qualcuno abbassa lo sguardo. Le nonnine dai capelli turchini o argentati, forse sono fatine in pensione, si reggono l'un l'altra di ritorno dalla Comunione. E' quasi finita vengono chiamati tutti sull'altare per la benedizione di ciascun Gesù Bambino, Hulko finalmente si unisce agli altri. Dopo poco ci raggiunge, ha uno sguardo un po' stranito apre la mano ritirandosi tutto nelle spalle, come fanno le tartarughe, "E' caduto Gesù Bambino." NonnaRagno da ex infermiera controlla subito la ferita "Beh basta colorarlo un po' qui sulla testa." A me scappa un "Ma prima o dopo che lo facessi benedire?"
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giovedì 16 dicembre 2010
Chi ben comincia... [inizia con un buon incipit]
IV INCIPIT
Ti toglievi la fascia della vita, ti strappavi i sandali, gettavi in un angolo l'ampia gonna, era di cotone, mi sembra, e scioglievi il nodo che ti stringeva i capelli in una coda. Avevi la pelle d'oca e ridevi. Eravamo talmente vicini che non potevamo vederci, assorti entrambi in quel rito urgente, avvolti nel calore e nell'odore che emanavamo insieme. Mi aprivo il passo per le tue vie, le mie mani sulla tua vita protesa e le tue impazienti. Sfuggivi, mi percorrevi, mi scalavi, mi avvolgevi con le tue gambe invincibili, mi dicevi mille volte vieni con le labbra sulle mie. Nell'attimo estremo avevamo un bagliore di completa solitudine, ciascuno perduto nel proprio abisso rovente, ma subito risorgevamo al di là del fuoco per scoprirci abbracciati nel disordine dei guanciali, sotto la zanzariera bianca. Ti scostavo i capelli per guardarti negli occhi. Talvolta ti sedevi accanto a me con le gambe raccolte e il tuo scialle di seta su una spalla, nel silenzio della notte che iniziava appena. Così ti ricordo, in quiete.
Isabel Allende - Eva Luna racconta - Feltrinelli, trad. Gianni Guadalupi
elena's xmas tree
mercoledì 15 dicembre 2010
martedì 14 dicembre 2010
caduta libera
io e Mammyx stiamo cercando di consolarci a vicenda per superare il "freddo" di questo "freddo" inverno quando, ecco che una una vocina...
photo
tanks to *.moni.*
lunedì 6 dicembre 2010
holiday on ice
Hulko oggi mi ha portato a pattinare sul ghiaccio.
Per merito suo, dopo anni, intrepida ho dominato la pista su ghiaccio! Direi che non ce la siamo cavata male, buffi e tremolanti ma anche felici e zuppi di risate. Giro dopo giro ci abbiamo preso gusto... Sempre più spavaldi... La pista quasi deserta, la suggestione della neve che cadeva sulle nostre testoline, immersi nella nebbiolina del lago d'inverno... la musica degli Eagles in sottofondo, stonatissima, a squarciagola, un po' teatrale, spalanco le braccia: "welcome to the hotel california... such a lovely place". Capitolo a terra scoppiando a ridere.
Hulko si ferma. Torna verso di me.
"Zia! Se la smetti di fare la sciocca.."
:-S
Dal 4 dicembre 2010 al 4 febbraio 2011, all'Idroscalo (ingresso multisport) "Il Magico villaggio d'inverno". Nella cornice di un Idroscalo innevato, lo spettacolare rettangolo - 25 metri per 40 - a bordo bacino, sarà aperto ogni giorno dalle 10 alle 17, il sabato fino alle 21.
Tre piste di pattinaggio, anche per curling e ice stock; mercatini natalizi, per acquistare i tuoi regali lungo il lago, Babbo Natale, tanti spettacoli sul ghiaccio ed eventi per grandi e piccini. Attivi anche punti ristoro e strutture al coperto per gustare bevande calde.
www.idroscalo.info (Il Magico villaggio d'inverno all'Idroscalo)
www.cesed.com (centro servizi didattici soc. coop sociale onlus)
mercoledì 24 novembre 2010
martedì 23 novembre 2010
Copio e incollo.
ma forse dovrei riscriverla a mano. per imprimerla bene nella mia testolina riccia...
Elenco delle cose che passano sul corpo delle donne.
(Vieni via con me, puntata del 23 novembre 2010. Legge Emma Bonino, vicepresidente del Senato)
Il corpo della donna è un campo di battaglia. Dai tempi di Elena di Troia e del ratto delle Sabine fino a oggi, in Afghanistan e anche da noi
Qualcuno rideva quando le donne dicevano: io sono mia. C'era poco da ridere. Le donne sono di qualcuno per definizione. Perché, se no, il comandamento direbbe “Non desiderare la donna d’altri”?
È sbagliato parlare di diritto all’aborto. Si tratta DEL diritto a diventare madri per scelta. Abortire è una angosciosa necessita ; ricorrere alla procreazione assistita è spesso un atto d'amore.
Gli uomini che comprano donne sono molti di più delle donne che comprano uomini. Non è soltanto una questione di potere d'acquisto.
Non esiste alcun capo di vestiario maschile che copra integralmente un uomo nascondendolo dalla testa ai piedi.
Chissà se esiste davvero una nipote di Mubarak. Esiste però una signora Mubarak in prima linea contro le mutilazioni genitali femminili. E la signora Clio Napolitano e molte first-lady dell'Africa e del mondo hanno firmato un appello per la messa al bando delle mutilazioni genitali femminili. Non lo sapevate? Ora lo sapete.
Nel 1993 la signora Lorena Bobbit evirò suo marito con un coltello. Ci fu molto scalpore per una singola mutilazione genitale maschile. Ma Le donne che hanno subito mutilazioni genitali sono nel mondo circa 130 milioni. Ogni anno, 3 milioni di bambine.
In molte parti del mondo si abortiscono le bambine, o si sopprimono alla nascita, non servono. Si calcola che oggi manchino all’appello circa 100 milioni di ragazze.
Le tradizioni e i costumi vanno rispettati, ma il diritto della persona è uno solo. Non c'è una legge fuori casa e un'altra in casa. Una ragazza, italiana o pakistana che sia, deve poter decidere dei propri capelli, del proprio vestito, della propria domenica e del proprio venerdì.
In Italia Il delitto d'onore è stato abolito solo nel 1981. Fino ad allora si poteva uccidere la moglie, la figlia, la sorella con una pena irrisoria se l'assassino sosteneva di avere agito “perché offeso nel suo onore”. È ancora cosi, in molte parti del mondo.
Intendiamoci anche le donne, quando sono sceme sono sceme forte.
Una signora ha scritto: IN GENERALE le donne devono fare qualunque cosa due volte meglio degli uomini per essere giudicate brave la metà. Per fortuna non è così difficile.
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lunedì 22 novembre 2010
Una babysitter da favola (need a babysitter today?)
Le favole del Fiocco Gigante | 20
"Prendi il fucile, Giuseppe, prendi il fucile e vai a caccia," disse una mattina al suo figliolo quella donna.
"Domani tua sorella si sposa e vuol mangiare polenta e lepre".
Giuseppe prese il fucile e andò a caccia. Vide subito una lepre che balzava da una siepe e correva in un campo. Puntò il fucile, prese la mira e premette il grilletto.
Ma il fucile disse: "Pum!" proprio con voce umana, e invece di sparar fuori la pallottola la fece cadere per terra.
Giuseppe la raccattò e la guardava meravigliato.
Poi osservò attentamente il fucile, e pareva proprio lo stesso di sempre, ma intanto invece di sparare aveva detto: "Pum!" con una vocetta allegra e fresca.
Giuseppe scrutò anche dentro la canna, ma com'era possibile, andiamo, che ci fosse nascosto qualcuno? Difatti dentro la canna non c'era niente e nessuno.
"E la mamma che vuole la lepre. E mia sorella che vuol mangiarla con la polenta...".
In quel momento la lepre di prima ripassò davanti a Giuseppe, ma stavolta aveva un velo bianco in testa, e dei fiori d'arancio sul velo, e teneva gli occhi bassi, e camminava a passettini passettini.
"Toh," disse Giuseppe "anche la lepre va a sposarsi. Pazienza, tirerò un fagiano".
Un po' più in là nel bosco, difatti, vide un fagiano che passeggiava sul sentiero, per nulla spaventato, come il primo giorno della caccia, quando i fagiani non sanno ancora che cosa sia un fucile.
Giuseppe prese la mira, tirò il grilletto, e il fucile fece: Pam! disse: "Pam! Pam!", due volte come avrebbe fatto un bambino col suo fucile di legno. La cartuccia cadde in terra e spaventò certe formiche rosse, che corsero a rifugiarsi sotto un pino.
"Ma benone", disse Giuseppe che cominciava ad arrabbiarsi, "la mamma sarà contenta davvero se torno col carniere vuoto".
Il fagiano, che a sentire quel pam, pam, si era tuffato nel folto, ricomparve sul sentiero, e stavolta lo seguivano i suoi piccoli, in fila, con una gran voglia di ridere addosso, e dietro a tutti camminava la madre, fiera e contenta come se le avessero dato il primo premio.
"Ah, tu sei contenta, tu" borbottò Giuseppe. "Tu ti sei già sposata da un pezzo. E adesso a che cosa tiro?"
Ricaricò il fucile con gran cura e si guardò intorno. C'era soltanto un merlo su un ramo, e fischiava come per dire: "Sparami, sparami".
E Giuseppe sparò. Ma il fucile disse: Bang!, come i bambini quando leggono i fumettti. E aggiunse un rumorino che pareva una risatina. Il merlo fischiò più allegramente di prima, come per dire: "Hai sparato, hai sentito, hai la barba lunga un dito".
"Me l'aspettavo", disse Giuseppe. "Ma si vede che oggi c'è lo sciopero dei fucili".
"Hai fatto buona caccia, Giuseppe?" gli domandò la mamma, al ritorno.
"Si mamma. Ho preso tre arrabbiature belle grosse. Chissà come saranno buone, con la polenta".
Il cacciatore sfortunato. (Gianni Rodari, Favole al telefono)
lunedì 15 novembre 2010
La vecchietta veneta, terrorizzata dalla lega, si trovò in casa il volontario che le spala il fango.
Era da anni che non usciva più di casa, dopo che uno con un fazzoletto al collo l'aveva convinta che i negri, gli extracomunitari sono tutti delinquenti.
Usciva solo per ritirare la pensione scortata dai suoi nipoti, già pronti per il prelievo.
Aveva fatto montare le sbarre alle finestre ed alla sera chiudeva finiestre ed imposte anche in pieno luglio.
Il terrore viaggiava di bocca in bocca ed era sempre più grande come i risultati delle elezioni per la lega.
Più terrore più voti, più odio e più elettori, da anni era diventato matematico.
Aveva pure il terrore dello scippo, una volta un giovane extraparlamentare e comunista le chiese, in dialetto, se avesse mai subito uno scippo.
No, fu la risposta, ma basta guardare la televisione per rendersi conto che questi sono selvaggi, delinquenti e vivono di scippi e rapine.
Poi, un brutto giorno, venne l'alluvione. Un metro e mezzo di acqua in casa, tutti i mobili rovinati, i muri sporchi, il frigorifero in tilt, la televisione che non andava più.
E la paura, di essere sola, sapendo di non avere le forze per reagire a tanta devastazione, i nipoti che non potevano aiutarla per via del fatto che la Bmw non funziona con un metro d'acqua.
Si sentiva persa, pensava di affondare, persino quello che la terrorizzava con quei discorsi sui negri e sugli extracomunitari non si faceva vedere, doveva accompagnare il capo e suo figlio a visitare le zone alluvionate e piene di fango.
Una cosa urgente, per via della campagna elettorale.
Improvvisamente arrivò a casa sua un negro con su una giacca rifrangente rossa, un volontario, pensate che lo conoscevano anche quelli del comune, della protezione civile.
Sulle prime era un pò diffidente, fortunatamente parlava italiano meglio di molti suoi compaesani, le chiese dove doveva mettere le cose, le suppellettili ed iniziò a spalare fango.
Ore ed ore, ininterrottamente, senza mangiare, senza bere, ad un certo punto le disse: signora io devo andare, devo mangiare qualcosa e farmi una pausa, ritorno dopo.
Lei si sentì persa, non ebbe nemmeno il coraggio di offrirgli un panino, aveva paura di avvicinarsi troppo all'uomo nero pur così gentile, educato.
Passata una mezz'ora cominciò a salirle l'ansia, i nipoti non rispondevano al cellulare d'altronde la pensione era già stata incassata e non c'era motivo di passare dalla nonna, avevano già ritirato la loro mazzetta per il fatto di fare da ronda alla pensione.
Era talmente sfinita, impaurita, che le mancò persino il negro, cominciò a temere che non tornasse più, quella mattina non gli aveva offerto nemmeno un bicchiere d'acqua.
Il solo pensiero che un negro avesse toccato uno dei suoi bicchieri l'intimoriva, ancora di più se i vicini avessero saputo che l'aiutava uno straniero.
Si meravigliò di se stessa quando lo vide arrivare, allegro pieno di forza, gioioso, della sensazione di gratitudine che provava dentro se stessa. Come se gli volesse bene ed ebbe paura dei suoi sentimenti. Ma allora non sono come dicono quelli della lega, non è vero che sono cattivi.
Si sorprese a sorridergli, a chiedergli se voleva un caffè, a dirgli un grazie ogni tanto.
Nel frattempo pulirono la casa, i mobili, ritornò la luce ed accese il camino per asciugare un pò di umidità.
Era già buio quando il volontario, il ragazzo dal cuore grande come una chiesa le disse che doveva andare. Davanti ai suoi occhi spaventati il volontario, negro, capì che la signora temeva non tornasse più e la tranquillizzò, torno domani, signora, per domani sera vedrà che avremo finito. Quella notte fu ancora più brutta dell'alluvione, la sua coscienza non al fece chiudere occhio. Ripensò alle sue paturnie, ai paesani della lega che parlavano solo di odio e di disprezzo, pensò al suo comune che aveva tolto le panchine dai giardini per impedire che gli extracomunitari si sedessero, pensò a quei piccoli bambini dalla pelle scura senza mensa a scuola perchè i suoi non potevano pagare.
E poi pensò al suo Dio, quel Dio che è morto in croce per tutti quelli che gli credono e non ha mai chiesto di che razza sei e di che colore fosse la tua pelle, e pianse.
E fu in quel momento che si rese conto che la persona è una persona, che il delinquente è un delinquente, non c'entrano le razze, il colore della pelle e da dove vieni.
Per valutare una persona non ci vuole la paura, ci vuole la conoscenza ed una persona va giudicata per quello che ha nel cuore. Nella testa.
Non vedeva l'ora che venisse mattina, si alzò prima del solito e preparò tutto quello che poteva preparare. Tirò fuori biscotti, una torta, latte. The e caffè ed aspettò che il volontario arrivasse.
Finalmente sentì il suo passo, nello stesso tempo gioioso e pesante e quando con il suo vocione le chiese: nonna da dove cominciamo?
Prima mangia qualcosa gli disse, poi puliremo quello che resta.
Si sedettero al tavolo ed improvvisamente divenne curiosa, gli chiese della sua famiglia, dei suoi genitori e da quanto tempo non li vedeva.
Quasi quasi, questo mese mi faccio accompagnare da lui a ritirare la pensione.
Che pensieri strani fanno alle volte i vecchi.
Ogni personaggio è puramente inventato, come nei film, solo i volontari sono reali.
Come è reale il fatto che al mio paese, quello che è nel mio cuore, nessuno è straniero.
Il Cannocchiale, contributo inviato da slasch16 il 12 novembre 2010
domenica 14 novembre 2010
Accezioni.
Hulko sta guardando un episodio del mitico Scooby-Doo impegnato in una missione in alta montagna,
- Mamma poi quest'inverno facciamo anche noi una settimana in bianco?
- Certo passerotto (...in effetti non può che farci bene)
- Mamma poi quest'inverno facciamo anche noi una settimana in bianco?
- Certo passerotto (...in effetti non può che farci bene)
venerdì 12 novembre 2010
giovedì 11 novembre 2010
Chi ben comincia... [inizia con un buon incipit]
III INCIPIT
Stai per cominciare a leggare il nuovo romanzo 'Se una notte d'inverno un viaggiatore' di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell'indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c'è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: "No, non voglio vedere la televisione!" Alza la voce, se non non ti sentono: "Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!" Forse non ti hanno sentito, con tutto quel chiasso; dillo più forte, grida: "Sto cominciando a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino!" O se non vuoi non dirlo; speriamo che ti lascino in pace.
Italo Calvino - Se una notte d'inverno un viaggiatore - Einaudi
martedì 9 novembre 2010
Lava e Seta Bianca
Questa storia inizia un pò per caso, la ragazza col fiorre nei capelli e le conchiglie al collo stava giocando a farsi smuovere le vesti dal vento che arrivava dal mare. Quando il vento si placò, le sue rise si spensero e inciampò nel buco vero quel mondo strano che la igoiò. La ragazza sapeva che quel momento sarebbe arrivato, lo vedeva ogni giorno e lo sognava ogni notte.In quel mondo c'era una valle dove, ai suoi lati, salivano dolci le colline di pietra scura, lavica e sotto la crosta dura si nascondeva il mistero della creazione della terra e della vita.
lunedì 8 novembre 2010
Auguri. Ma ricorda...
domenica 7 novembre 2010
Senza non ce la facciamo.
Non ricordo più come né perché sta di fatto che mi ritrovo qui...
Hulko: "Zia tu cosa vuoi da babbo natale?"
LaZia (per nulla consumista): "L'ipad e il viaggio in India. Dici che me li porta?"
Hulko: "Sì, ma devi chiederglielo."
LaZia: "Va bene. Già che ci sono vedo se per l'India c'è un posto in più. Vieni con me?"
Hulko: "Sì" Allegro e senza esitazione aggiunge, "...allora mi sa che devo comprare un dizionario d'inglese."
Il mio pessimo inglese non è un segreto ma un po' di rispetto per gli anziani!
Decido di far finta di nulla, "Perché?"
Hulko: "Ma Zia senza non ce la facciamo."
Non riesco a trattenere la risata divertita sto per ribattere ma aggiunge "Io però voglio anche XBox"
LaZia: "Allora facciamo così io ci provo, però se dovesse dirmi che devi decidere tra il viaggio in India e il gioco che gli dico?"
Hulko: "Uhm..."
LaZia: "Ok. Io l'ipad e il viaggio in India e tu pure il viaggio in India e poi però nel caso..."
Non mi lascia finire, "Zia, facciamo che ognuno gli ordina quello che vuole."
Hulko: "Zia tu cosa vuoi da babbo natale?"
LaZia (per nulla consumista): "L'ipad e il viaggio in India. Dici che me li porta?"
Hulko: "Sì, ma devi chiederglielo."
LaZia: "Va bene. Già che ci sono vedo se per l'India c'è un posto in più. Vieni con me?"
Hulko: "Sì" Allegro e senza esitazione aggiunge, "...allora mi sa che devo comprare un dizionario d'inglese."
Il mio pessimo inglese non è un segreto ma un po' di rispetto per gli anziani!
Decido di far finta di nulla, "Perché?"
Hulko: "Ma Zia senza non ce la facciamo."
Non riesco a trattenere la risata divertita sto per ribattere ma aggiunge "Io però voglio anche XBox"
LaZia: "Allora facciamo così io ci provo, però se dovesse dirmi che devi decidere tra il viaggio in India e il gioco che gli dico?"
Hulko: "Uhm..."
LaZia: "Ok. Io l'ipad e il viaggio in India e tu pure il viaggio in India e poi però nel caso..."
Non mi lascia finire, "Zia, facciamo che ognuno gli ordina quello che vuole."
venerdì 5 novembre 2010
giovedì 4 novembre 2010
A scuola ogni giorno si imparano tante cose nuove...
[Tratto dal libro "A scuola si diventa grandi" per gentile concessione ...]
A scuola ogni giorno si imparano tante cose nuove. Oggi per esempio abbiamo imparato a volare.
La maestra ci ha spiegato che bisogna unire i piedi, tenere la schiena ben dritta, agitare un po' le braccia, poi guardare in su... e il gioco è fatto. Dopo 5 minuti eravamo lì che svolazzavamo in circolo sopra i tetti del paese e giocavamo a riconoscere le cose e le persone dall'alto.
- Guarda quella è casa mia!
- Quello è il campo di calcio!
- Il vigile, guarda il vigile urbano!
- Sta multando una macchina!
E scoppiamo a ridere.
La maestra cerca di riportare un po' d'ordine.
- Bambini, andiamo da quella parte, - ci dice - verso la chiesa. Atterriamo tutti sulla torre del campanile!
E così arriviamo in cima alla torre: lì ad aspettarci c'è don Mauro, che ci spiega come funzionano le campane. E mentre spiega, Giovanni, che è il solito monello, sgattaiola via e si nasconde dietro un angolo.
- Don Mauro, ma che suono fanno da quassù le campane? - Chiede Riccardo, un bimbo con gli occhiali e lo sguardo sempre attento.
- Non posso farvele sentire, bambini, perché il suono qui sarebbe troppo forte.
Don Mauro non fa a tempo a finire la frase ed ecco che una campana si mette a battere, e il rimbombo ci assorda tutti. Ci tappiamo le orecchie, ma appena vediamo Giovanni uscire con la faccia sconvolta da dietro la campana, scoppiamo tutti a ridere. La maestra lo prende per un braccio e lo guarda dapprima un po' arrabbiata, poi sorride anche lei, e con una carezza sulla testa gli fa cenno di riunirsi al gruppo.
Salutiamo Don Mauro e torniamo a volare. E' quasi ora di tornare in classe, ma prima passiamo sopra la piazza del paese, e lì c'è una vecchietta che getta qualche chicco di grano ai piccioni.
Il solito Giovanni si stacca dallo stormo, cioè dal gruppo, atterra sulla piazza in mezzo ai piccioni e comincia a far finta di beccare i granelli sparsi per terra. La vecchietta un po' tra lo spavento e un po' arrabbiata gli grida:
- Sciò! Sciò! E' per i piccioni, via! Brutto uccellaccio!
E noi scoppiamo di nuovo a ridere, ma questa volta la maestra è un po' meno bonaria e riprende Giovanni più severamente.
Ci rimette tutti in fila e voliamo di nuovo in classe, dove intanto sta già suonando la campanella, ed è ora di andare a casa.
Come volano le giornate a scuola quando impari tante cose nuove!
domenica 31 ottobre 2010
Halloween e dintorni.
Avevamo a cena Streghetta ieri sera. Si aggirava per casa alternando il gioco alla perlustrazione come fanno tutti i bambini, anche i nostri a casa degli altri.
Ad un certo punto la vedo armeggiare con un giocattolo, mi chiede - "Cos'è?"
- "E' la confezione speciale di un gelato, l'ha presa Hulko l'altra sera in pizzeria."
- "Che bello, è un Pokemon!"
(Santo cielo...)
- "No, in realtà si tratta più banalmente di un tucano!"
Ad un certo punto la vedo armeggiare con un giocattolo, mi chiede - "Cos'è?"
- "E' la confezione speciale di un gelato, l'ha presa Hulko l'altra sera in pizzeria."
- "Che bello, è un Pokemon!"
(Santo cielo...)
- "No, in realtà si tratta più banalmente di un tucano!"
sabato 30 ottobre 2010
Happy Halloween - by Lice!
venerdì 29 ottobre 2010
mercoledì 27 ottobre 2010
Imbarazzante.
Accadde tutto velocemente...un bell'incipit ma purtroppo è stata piuttosto una lenta agonia, giorno dopo giorno.
E' cambiata la stagione. E' cambiata la temperatura esterna. Sono cambiate le combinazioni dei vestiti al mattino. Io non sono ancora pronta. Tradotto, anche oggi ho passato la giornata in versione estiva dalla cintola in giù e invernale nell'altra metà.
Un abito lungo fino al ginocchio di cotone, un coprispalle di cotone, calze velate, giacca in panno e stola in cashmere alla partenza. Chiudo casa, scendo le scale, attraverso la strada e lì, proprio lì, sento la prima calza cedere alla forza di gravità. E' troppo tardi per rientrare a cambiarmi devo solo cercare di arrivare in ufficio. Parcheggiata la macchina nei sotterranei prima di scendere 'ricolloco' le fasce di silicone all'altezza giusta garantendomi una certa autonomia. Grave errore di valutazione e a metà strada fra la macchina e l'ingresso dell'ufficio, a 200 mt, entrambe le calze sono già in caduta libera e sbucano goffamente da sotto la gonna. Antiestetiche, indecorose e per nulla di classe. Tenendo una calza per ogni mano china su me stessa, cerco il più freneticamente possibile un modo per uscire dalla situazione di impasse. Decido di tornare sui miei passi per andare a toglierle in macchina ma appena compiuto il mezzo giro vedo sopraggiungere un cospicuo numero di colleghi in formazione 'testa d'ariete'. Sorrido loro e farfuglio un pietoso 'Voi non avete visto nulla' cercando nel frattempo di defilarmi dirigendomi verso il parcheggio attiguo a prova di transito colleghi. Si stacca dal gruppo una delle ragazze, biondina, caruccia e quella decina d'anni più giovane. Le spiego che ho perso il controllo delle calze e che l'unico modo per risolvere dignitosamente la faccenda è levarmele, le dico di andare pure avanti che la raggiungo ma lei pettinata, sorridente e compassionevole mi risponde 'Ma va figurati, facciamo la strada insieme...Ah, le togli davvero!?!' Me le sfilo cercando di ignorare quel che le si legge negli occhi 'Se divento così uccidetemi!'
E' cambiata la stagione. E' cambiata la temperatura esterna. Sono cambiate le combinazioni dei vestiti al mattino. Io non sono ancora pronta. Tradotto, anche oggi ho passato la giornata in versione estiva dalla cintola in giù e invernale nell'altra metà.
Un abito lungo fino al ginocchio di cotone, un coprispalle di cotone, calze velate, giacca in panno e stola in cashmere alla partenza. Chiudo casa, scendo le scale, attraverso la strada e lì, proprio lì, sento la prima calza cedere alla forza di gravità. E' troppo tardi per rientrare a cambiarmi devo solo cercare di arrivare in ufficio. Parcheggiata la macchina nei sotterranei prima di scendere 'ricolloco' le fasce di silicone all'altezza giusta garantendomi una certa autonomia. Grave errore di valutazione e a metà strada fra la macchina e l'ingresso dell'ufficio, a 200 mt, entrambe le calze sono già in caduta libera e sbucano goffamente da sotto la gonna. Antiestetiche, indecorose e per nulla di classe. Tenendo una calza per ogni mano china su me stessa, cerco il più freneticamente possibile un modo per uscire dalla situazione di impasse. Decido di tornare sui miei passi per andare a toglierle in macchina ma appena compiuto il mezzo giro vedo sopraggiungere un cospicuo numero di colleghi in formazione 'testa d'ariete'. Sorrido loro e farfuglio un pietoso 'Voi non avete visto nulla' cercando nel frattempo di defilarmi dirigendomi verso il parcheggio attiguo a prova di transito colleghi. Si stacca dal gruppo una delle ragazze, biondina, caruccia e quella decina d'anni più giovane. Le spiego che ho perso il controllo delle calze e che l'unico modo per risolvere dignitosamente la faccenda è levarmele, le dico di andare pure avanti che la raggiungo ma lei pettinata, sorridente e compassionevole mi risponde 'Ma va figurati, facciamo la strada insieme...Ah, le togli davvero!?!' Me le sfilo cercando di ignorare quel che le si legge negli occhi 'Se divento così uccidetemi!'
lunedì 25 ottobre 2010
Quanta sofferenza dietro le zampe di gallina.
è di nuovo il mio compleanno ma il 2010 mi regala una giornata asciutta e con qualche debole raggio di sole a scaldarmi l'anima.
accompagno il nanetto a scuola e poi parto alla ricerca della mia colazione ideale, devo passarne 3 (per scoprire che uno nel frattempo ha proprio chiuso i battenti) prima di trovare il bar con la mia brioche preferita (è pure l'ultima) il pain au chocolat. dopo una tranquilla e prolungata sosta al banco mi dedico a tutte le noiose incombenze messe in agenda per risolvere il dilemma morale: era davvero necessario il giorno di ferie?
passano le ore fra telefonate di auguri, code agli sportelli, chiacchiere con sconosciuti in fila con me e pranzo con l'amico di sempre. Ogni tanto butto un occhio agli SMS e alle mail ad un certo punto mi accorgo di avere un paio di chiamate perse da un numero che non riconosco e anche un suo messaggio. Mi incuriosisce e mi accorgo di essermi distratta dalla conversazione, scorro la lista e leggo il testo, "Buongiorno signora devo consegnarle dei fiori..." non riesco a non sorridere e soprattutto a non cominciare a fantasticare sul mittente, il tutto dura un paio di secondi al massimo, il tempo di completare la lettura "...dei fiori da parte di sua sorella, quando posso venire?" Adesso davvero io sono contenta, i fiori mi piacciono tantissimo ma caspita possibile che non esista un galateo dei fiori? il classico 'Dillo con i fiori' non dovrebbe avere che so un'introduzione per il fiorista? oppure un capitolo speciale per chi i fiori li deve consegnare? Appuntamento alle 16.45 sotto casa, arrivo con Hulko che impanicato deve consegnare i libri e i quadernoni a Streghetta che ha marinato la scuola fingendo un intramontabile mal di pancia, così spettinati, scomposti e agitati occupiamo buona parte del marciapiede ravanando dentro lo zaino per racimolare tutto il necessario. Si ferma una macchina dall'altro lato della strada, una trentina di metri più avanti, ne scende una ragazza (figuriamoci se poteva recapitarmeli il cugino povero di Banderas) si dirige verso il civico, io la guardo e le sorrido - "Buongiorno sono per Scozzafava, giusto?" lei mi restituisce lo sguardo e mi domanda "Sì, è lei Scozzafava?" ("No, sono una veggente." oppure "No, ho dei super poteri e ho letto il bigliettino mentre scendevi dalla macchina." o anche "No, ma ho tirato ad indovinare fra le targhette sul citofono." ...)
Davvero i fiori sono bellissimi e anche se è la sorellina che ha preso accordi col fiorista (s)mascherato, a mandarli erano tutti, quindi grazie anche a ma', pa', zio e Hulko. La vera poesia siete voi.
E adesso aspettiamo gli 'anta'.
accompagno il nanetto a scuola e poi parto alla ricerca della mia colazione ideale, devo passarne 3 (per scoprire che uno nel frattempo ha proprio chiuso i battenti) prima di trovare il bar con la mia brioche preferita (è pure l'ultima) il pain au chocolat. dopo una tranquilla e prolungata sosta al banco mi dedico a tutte le noiose incombenze messe in agenda per risolvere il dilemma morale: era davvero necessario il giorno di ferie?
passano le ore fra telefonate di auguri, code agli sportelli, chiacchiere con sconosciuti in fila con me e pranzo con l'amico di sempre. Ogni tanto butto un occhio agli SMS e alle mail ad un certo punto mi accorgo di avere un paio di chiamate perse da un numero che non riconosco e anche un suo messaggio. Mi incuriosisce e mi accorgo di essermi distratta dalla conversazione, scorro la lista e leggo il testo, "Buongiorno signora devo consegnarle dei fiori..." non riesco a non sorridere e soprattutto a non cominciare a fantasticare sul mittente, il tutto dura un paio di secondi al massimo, il tempo di completare la lettura "...dei fiori da parte di sua sorella, quando posso venire?" Adesso davvero io sono contenta, i fiori mi piacciono tantissimo ma caspita possibile che non esista un galateo dei fiori? il classico 'Dillo con i fiori' non dovrebbe avere che so un'introduzione per il fiorista? oppure un capitolo speciale per chi i fiori li deve consegnare? Appuntamento alle 16.45 sotto casa, arrivo con Hulko che impanicato deve consegnare i libri e i quadernoni a Streghetta che ha marinato la scuola fingendo un intramontabile mal di pancia, così spettinati, scomposti e agitati occupiamo buona parte del marciapiede ravanando dentro lo zaino per racimolare tutto il necessario. Si ferma una macchina dall'altro lato della strada, una trentina di metri più avanti, ne scende una ragazza (figuriamoci se poteva recapitarmeli il cugino povero di Banderas) si dirige verso il civico, io la guardo e le sorrido - "Buongiorno sono per Scozzafava, giusto?" lei mi restituisce lo sguardo e mi domanda "Sì, è lei Scozzafava?" ("No, sono una veggente." oppure "No, ho dei super poteri e ho letto il bigliettino mentre scendevi dalla macchina." o anche "No, ma ho tirato ad indovinare fra le targhette sul citofono." ...)
Davvero i fiori sono bellissimi e anche se è la sorellina che ha preso accordi col fiorista (s)mascherato, a mandarli erano tutti, quindi grazie anche a ma', pa', zio e Hulko. La vera poesia siete voi.
E adesso aspettiamo gli 'anta'.
venerdì 22 ottobre 2010
auguri, mammyx :)
cori, candele, coriandoli e torte
hulko, la zia e gli altri intonano inni
lieti di aver incappato per sorte
nel suo sorriso: mammyx fa gli anni!
giovedì 21 ottobre 2010
Una babysitter da favola (need a babysitter today?)
Le favole del Fiocco Gigante | 19
Un giorno il piccolo Claudio giocava sotto il portone, e sulla strada passò un bel vecchio con gli occhiali d'oro, che camminava curvo appoggiandosi ad un bastone, e proprio davanti al portone il bastone gli cadde.
Claudio fu pronto a raccoglierlo e lo porse al vecchio che sorrise e disse: - Grazie, ma non mi serve. Posso camminare benissimo senza. Se ti piace, tienilo. –
E senza aspettare risposta si allontanò, e pareva meno curvo di prima.
Claudio rimase lì con il bastone tra le mani e non sapeva che farne. Era un comune bastone di legno, con il manico ricurvo e il puntale di ferro, e niente altro di speciale da notare.
Claudio picchiò due o tre volte il puntale per terra, poi, quasi senza pensarci, inforcò il bastone ed ecco che non era più il bastone, ma era un cavallo, un meraviglioso puledro nero con una stella bianca in fronte, che si slanciò al galoppo intorno al cortile, nitrendo e facendo sprizzare scintille dai ciottoli.
Quando Claudio, meravigliato e un po’ spaventato, riuscì a rimettere il piede a terra, il bastone era di nuovo un bastone, e non aveva zoccoli ma un semplice puntale arrugginito, né criniera, ma il solito manico ricurvo..
- Voglio riprovare – decise Claudio, quando ebbe ripreso fiato.
Inforcò di nuovo il bastone, e stavolta esso non fu un cavallo, ma un solenne cammello a due gobbe, e il cortile era un immenso deserto da attraversare, ma Claudio non aveva paura e scrutava in lontananza, per vedere comparire l’oasi.
- È certamente un bastone fatato – si disse Claudio, inforcandolo per la terza volta. Adesso era un’automobile da corsa, tutta rossa, col numero scritto in bianco sul cofano, e il cortile una pista rombante, e Claudio arrivava sempre primo al traguardo.
Poi il bastone fu un motoscafo, e il cortile un lago dalle acque calme e verdi, e poi un’astronave che fendeva lo spazio, lasciandosi dietro una scia di stelle.
Ogni volta che Claudio rimetteva il piede a terra il bastone riprendeva il suo pacifico aspetto, il manico lucido, il vecchio puntale.
Il pomeriggio passò veloce tra quei giochi. Verso sera Claudio si riaffacciò per caso sulla strada, ed ecco di ritorno il vecchio dagli occhiali d’oro.
Claudio lo osservò ma non poté vedere in lui niente di speciale: era un vecchio signore qualunque, un po’ affaticato dalla passeggiata.
- Ti piace il bastone? – egli domandò sorridendo a Claudio.
Claudio credette che lo rivolesse indietro, e glielo tese, arrossendo. Ma il vecchio fece cenno di no.
- Tienilo, tienilo – disse. – Che cosa me ne faccio, ormai, di un bastone? Tu ci puoi volare, io potrei soltanto appoggiarmi. Mi appoggerò al muro e sarà lo stesso. –
E se ne andò sorridendo, perché non c’è persona più felice al mondo del vecchio che può regalare qualcosa ad un bambino.
Teste vuote. (Gianni Rodari, Favole al telefono)
martedì 19 ottobre 2010
A crederci un po'
Si parla con Torellino Rosa di Natale. Quest'anno chiede un regalo importante e allora vuole che parliamo subito con Babbo Natale e Gesù Bambino.
Io incespico: - Beh, in effetti Gesù è esistito veramente...
Allora mi squadra con un'aria sicura e ribatte: - Beh, io ci credo. A Dio... così così. Un po' ci credo e un po' no. Ma a Gesù si.
- E a Babbo Natale?
- Tantissimo.
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lunedì 18 ottobre 2010
In immersione nell'acquasantiera.
Hulko è in piena crisi d'identità. Vuole assolutamente battezzarsi e il foglio di via si ritira dopo il Catechismo. Ho preso posto alla riunione domenicale mescolandomi al resto del popolo credente, i genitori dei ragazzini di 3^elementare. Assatanati di religione o cercatori di un baby parking feriale? Il Don appena arrivato da una parrocchia dell'hinterland milanese si presenta al nuovo gregge, è affabile. Dice di essere meno bello, meno giovane e di avere meno capelli del suo predecessore. Non ho visto Uccelli di Rovo e forse questo mi evita di divagare e farmi raggiungere da un fulmine già al primo incontro. Compilo un foglio in cui tocca subito mettere in piazza le vicissitudini familiari, la lettera scarlatta è in agguato, niente matrimonio, niente battesimo, niente messa, poche preghiere e poche certezze. Sarà un cammino lungo sempre che non inciampi ai blocchi di partenza.
mercoledì 13 ottobre 2010
martedì 12 ottobre 2010
Chi ben comincia... [inizia con un buon incipit]
II INCIPIT
Al bar Sport non si mangia quasi mai. C'è una bacheca con delle paste, ma è puramente coreografica. Sono paste ornamentali, spesso veri e propri pezzi d'artigianato. Sono lì da anni, tanto che i clienti abituali, ormai, le conoscono una per una. Entrando dicono: «La meringa è un po' sciupata, oggi. Sarà il caldo». Oppure: «È ora di dar la polvere al krapfen». Solo, qualche volta, il cliente occasionale osa avvicinarsi al sacrario. Una volta, ad esempio, entrò un rappresentante di Milano. Aprì la bacheca e si mise in bocca una pastona bianca e nera, con sopra una spruzzata di quella bellissima granella in duralluminio che sola contraddistingue la pasta veramente cattiva. Subito nel bar si sparse la voce: «Hanno mangiato la Luisona!». La Luisona era la decana delle paste, e si trovava nella bacheca dal 1959. Guardando il colore della sua crema i vecchi riuscivano a trarre le previsioni del tempo. La sua scomparsa fu un colpo durissimo per tutti. Il rappresentante fu invitato a uscire nel generale disprezzo. Nessuno lo toccò, perché il suo gesto malvagio conteneva già in sé la più tremenda delle punizioni. Infatti fu trovato appena un'ora dopo, nella toilette di un autogrill di Modena, in preda ad atroci dolori. La Luisona si era vendicata.
Stefano Benni, Bar Sport, Mondadori, 1979
martedì 5 ottobre 2010
Elogio alle 40enni - Nonostante io sia ancora lontanissima dalla meta a soli 21 anni :)
Questo scritto è dedicato alle 40enni (e oltre....); è per quelle che stanno per compiere 40 anni, per quelle che temono i 50 e per gli uomini che sono spaventati dalle ultraquarantenni!
Andy Rooney dice:
Più invecchio, più apprezzo le ultraquarantenni rispetto alle donne più giovani. Ecco alcuni dei motivi:
1) Una quarantenne non ti sveglierà mai nel cuore della notte per chiederti a cosa stai pensando.Non le importa un bel niente di saperlo.
2) Se una quarantenne non vuol guardare la partita, non ti starà intorno a piagnucolare.
Farà qualcosa che le piace e, in genere, si tratterà di una cosa più interessante.
3) Una quarantenne si conosce abbastanza da sapere chi è, cosa è, cosa vuole e da chi.
4) A poche quarantenni interessa cosa tu pensi di loro o di ciò che fanno.
5) Le quarantenni hanno dignità. Raramente ti faranno una scenata all'opera o in un ristorante costoso. Naturalmente, se te lo meriti, non esiteranno a spararti, se pensano di farla franca!
6) Le donne più mature sono generose di complimenti, spesso immeritati. Sanno cosa vuol dire non essere apprezzati.
7) Una quarantenne è abbastanza sicura di sé per presentarti alle amiche. Una donna più giovane, in presenza di un uomo, ignorerà persino le sue amiche più care, perché non si fida di loro. Alle quarantenni non interessa se sei attratto dalle loro amiche, perché sanno che queste non le tradiranno.
8) Le donne diventano telepatiche ad una certa età. Non hai bisogno di confessare loro i tuoi peccati; li intuiscono puntualmente.
9) Ad una quarantenne, un rossetto rosso brillante dona. Ciò non vale per le più giovani.
Una volta superate le prime due o tre rughe, sono molto più sexy delle giovani.
10) Le donne meno giovani sono dirette e oneste. Ti diranno subito se sei un imbecille o se ti stai comportando da tale. Non hai bisogno di chiederti in che rapporti siete.
Sì, apprezziamo le quarantenni per un sacco di ragioni. Sfortunatamente, la cosa non è reciproca.
Per ogni fantastica, intelligente, sexy e ben pettinata quarantenne (e oltre), c'è un ometto calvo e con la pancetta che si rende ridicolo con una cameriera di 22 anni...Signore, me ne scuso.
Per tutti gli uomini che dicono: "perché comprare la mucca, se puoi avere il latte gratis?", ecco una versione aggiornata per voi: "oggi l'80% delle donne è contro il matrimonio; perché? Perché hanno capito che non conviene comprare tutto il maiale solo per avere una piccola salsiccia......"
Andy Rooney dice:
Più invecchio, più apprezzo le ultraquarantenni rispetto alle donne più giovani. Ecco alcuni dei motivi:
1) Una quarantenne non ti sveglierà mai nel cuore della notte per chiederti a cosa stai pensando.Non le importa un bel niente di saperlo.
2) Se una quarantenne non vuol guardare la partita, non ti starà intorno a piagnucolare.
Farà qualcosa che le piace e, in genere, si tratterà di una cosa più interessante.
3) Una quarantenne si conosce abbastanza da sapere chi è, cosa è, cosa vuole e da chi.
4) A poche quarantenni interessa cosa tu pensi di loro o di ciò che fanno.
5) Le quarantenni hanno dignità. Raramente ti faranno una scenata all'opera o in un ristorante costoso. Naturalmente, se te lo meriti, non esiteranno a spararti, se pensano di farla franca!
6) Le donne più mature sono generose di complimenti, spesso immeritati. Sanno cosa vuol dire non essere apprezzati.
7) Una quarantenne è abbastanza sicura di sé per presentarti alle amiche. Una donna più giovane, in presenza di un uomo, ignorerà persino le sue amiche più care, perché non si fida di loro. Alle quarantenni non interessa se sei attratto dalle loro amiche, perché sanno che queste non le tradiranno.
8) Le donne diventano telepatiche ad una certa età. Non hai bisogno di confessare loro i tuoi peccati; li intuiscono puntualmente.
9) Ad una quarantenne, un rossetto rosso brillante dona. Ciò non vale per le più giovani.
Una volta superate le prime due o tre rughe, sono molto più sexy delle giovani.
10) Le donne meno giovani sono dirette e oneste. Ti diranno subito se sei un imbecille o se ti stai comportando da tale. Non hai bisogno di chiederti in che rapporti siete.
Sì, apprezziamo le quarantenni per un sacco di ragioni. Sfortunatamente, la cosa non è reciproca.
Per ogni fantastica, intelligente, sexy e ben pettinata quarantenne (e oltre), c'è un ometto calvo e con la pancetta che si rende ridicolo con una cameriera di 22 anni...Signore, me ne scuso.
Per tutti gli uomini che dicono: "perché comprare la mucca, se puoi avere il latte gratis?", ecco una versione aggiornata per voi: "oggi l'80% delle donne è contro il matrimonio; perché? Perché hanno capito che non conviene comprare tutto il maiale solo per avere una piccola salsiccia......"
mercoledì 29 settembre 2010
Crusca o non crusca?
E' in piedi sul divano, mi si avviluppa addosso chiedendomi poi di sedermi, insomma tenta la mossa per farsi 'tenere in braccio' nonostante la mole e l'età tremendamente scomode.
Gli allungo un paio di baci e strizzatine poi per tornare ai fornelli me ne libero rialzandomi con la sola forze delle gambe e poggiandolo di nuovo sui cuscini.
Lui ride sorpreso della mia prestazione atletica - Wow mamma, che fighezza.
Gli allungo un paio di baci e strizzatine poi per tornare ai fornelli me ne libero rialzandomi con la sola forze delle gambe e poggiandolo di nuovo sui cuscini.
Lui ride sorpreso della mia prestazione atletica - Wow mamma, che fighezza.
lunedì 27 settembre 2010
domenica 26 settembre 2010
Chi ben comincia... [inizia con un buon incipit]
I INCIPIT
I cinquant'anni sono come
L'ultima ora del pomeriggio,
quando il sole tramontato
ci dispone spontaneamente alla riflessione.
Nel mio caso, tuttavia,
il crepuscolo mi induce al peccato.
Forse per questo,
arrivata alla cinquantina,
medito sul mio rapporto
con il cibo e l'erotismo,
le debolezze della carne,
che più mi tentano,
anche se, a ben guardare, non sono quelle
che più ho praticato.
Mi pento delle diete, dei piatti prelibati rifiutati per vanità, come mi rammarico di tutte le occasioni di fare l'amore che ho lasciato correre per occuparmi di lavoro in sospeso o per virtù puritana. Passeggiando per i giardini della memoria, scopro che i miei ricordi sono associati ai sensi. Mia zia Teresa, quella che si trasformò lentamente in angelo e che quando morì aveva germogli di ali sulle spalle, è legata per sempre all'odore delle pastiglie alla violetta. Quando quell'incantevole signora faceva capolino per una visita, con il vestito grigio illuminato con discrezione da un colletto di pizzo e il capo regale incorniciato dalla neve, noi bambini le correvamo incontro e lei apriva con gesti rituali la sua vecchia borsetta, sempre la stessa, estraeva una scatoletta di latta dipinta e ci dava una caramella color malva.
Isabel Allende, Afrodita
mercoledì 22 settembre 2010
Se ne parla ovunque!
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A SORPRESA! Mariposa compie solo 21 anni.
Strano davvero. Non so perchè...
Quest'anno nessuno ha voluto farti
il regalo con me!
:-D
NB Strano davvero perchè i regali di gruppo
e a sorpresa mi vengono molto bene!
Auguri! da tutta nonhovalentina
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martedì 21 settembre 2010
Buongiorno a te!
Un' amica stamattina mi scrive: "Vorrei condividere i quaranta minuti di coda in auto e l'ora a seguire a piedi per arrivare in ufficio. Avrei dovuto avere un colloquio di selezione alle otto e trenta. Il candidato sarà diventato dirigente nell'attesa. La metropolitana non andrà forse fino a fine mese. Io mi metto in malattia :-)"
venerdì 17 settembre 2010
giovedì 16 settembre 2010
Un altro post "rubato" ;-D
Wish i had more time… but weather would not cooperate!
Moi j’veux crever la main sur le coeur
In ogni momento c’è qualcuno che fugge.
Si fugge dall’amore o dall’odio,dalla guerra intorno o dentro di noi, dalla diversità o dalla normalità.
Si fugge perchè il desiderio non manca di nulla, mentre la vita si.
È così triste e pericoloso – scriveva Deleuze – non poter più sopportare gli occhi per vedere, i polmoni per respirare, la bocca per inghiottire, il cervello per pensare [...].
Offriamo al mondo la nostra mal sopportazione con i nostri volti.
Pensiamo che il volto sia un prodotto delle nostre speranze o paure, del nostro desiderio o delle sue atroci sconfitte, della nostra insofferenza o sofferenza. Dimentichiamo che è la società che produce i volti.
Il tuo sogno lo si vede sempre sul tuo viso e nei tuoi occhi. Ed esso sussurra pensieri zitti, linguaggio di ogni volto.
E il linguaggio non è la vita, dà ordini alla vita: la vita non parla, ascolta e attende.
La vita è distanza critica tra esseri della stessa specie.
Possiedo solo distanze, oggi.
Nel buio colto dalla paura, un bambino si rassicura canticchiando.
Cammina, si ferma al ritmo della canzone.
Sperduto, si mette al sicuro come può e si orienta alla meno peggio con la sua canzoncina.
La mia canzoncina è la mia resistenza, vorrei, quando non sarà più possibile resistere, morire con la mano sul cuore.
Ottavopiano :-) spero mi perdonerete "il furto" amici?!??
lunedì 13 settembre 2010
domenica 12 settembre 2010
Una babysitter da favola (need a babysitter today?)
Le favole del Fiocco Gigante | 18
L'omino di niente. (Gianni Rodari, Favole al telefono)
C'era una volta un omino di niente. Aveva il naso di niente, la bocca di niente, era vestito di niente
e calzava scarpe di niente. Si mise in viaggio su una strada di niente che non andava in nessun posto.
Incontrò un topo di niente e gli domandò:- non hai paura del gatto? - No davvero,- rispose il topo di niente,-
in questo paese di niente ci sono soltanto gatti di niente, che hanno baffi di niente e artigli di niente.
Inoltre, io rispetto il formaggio. Mangio solo i buchi. Non sanno di niente ma sono dolci.
- Mi gira la testa, disse l'omino di niente. - é una testa di niente: anche se la batti
contro il muro non ti farà male. L'omino di niente, volendo fare una prova,
cercò un muro per batterci la testa, ma era un muro di niente,
e siccome lui aveva preso troppo slancio, cascò dall'altra parte.
Anche di là non c'era niente di niente. L'omino di niente era tanto
stanco di tutto quel niente che si addormentò. E mentre dormiva
sognò che era un uomo di niente, e andava su una strada di niente,
e incontrava un topo di niente e mangiava anche lui i buchi del formaggio,
e il topo di niente aveva ragione: non sapevano proprio di niente!
L'omino di niente. (Gianni Rodari, Favole al telefono)
venerdì 10 settembre 2010
lunedì 6 settembre 2010
domenica 5 settembre 2010
La questione è, contemporaneamente, più semplice e più complessa.
La questione è, contemporaneamente, più semplice e più complessa e per spiegare quello che intendo dire prenderò a prestito una famosa frase di Albert Einstein: La frase, se non ricordo male, suona più o meno così: è la teoria che determina ciò che osserviamo.
Ve l'avevo detto io che è il percepito... :-D
Tratto da Testimone inconsapevole di Gianrico Carofiglio
Cosa significa? Significa che se abbiamo una teoria - una teoria che ci piace, che ci soddisfa, che ci sembra buona - tendiamo ad esaminare i fatti attraverso la teoria. Piuttosto che osservare obbiettivamente tutti i dati disponibili, cerchiamo solo conferme a quella teoria. La nostra stessa percezione è fortemente influenzata, determinata dalla teoria che abbiamo scelto. Appunto come diceva Einstein - che parlava di scienza - la teoria determina ciò che riusciamo ad osservare. In altri termini: vediamo, sentiamo, percepiamo quello che conferma la nostra teoria e , semplicemente, tralasciamo tutto il resto. C'è un detto cinese che esprime in forma diversa lo stesso concetto. Dicono i cinesi: due terzi di quello che vediamo, è dietro ai nostri occhi.
Tutti noi abbiamo fatto qualche esperienza di come la nostra stessa percezione sia determinata da ciò che per le più varie ragioni è nella nostra testa o, come direbbero i cinesi è dietro i nostri occhi.
Avete mai comprato una nuova macchina e improvvisamente, mentre la guidate ne notate decine dello stesso tipo, sulle strade? Dove erano prima?
Filtri percettivi, li chiamano gli psicologi.
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mercoledì 1 settembre 2010
Goccia dopo goccia.
"...se no cosa succederebbe mamma se non avresti la forza di gravità?"
e ancora
"...Anch'io vorrei costruire una casa su un albero se saprei come si fa."
Non sarebbe meglio parlasse solo al presente fintanto che non prende dimestichezza (augurandoci/gli che un giorno ciò succeda) con le coniugazioni?
e ancora
"...Anch'io vorrei costruire una casa su un albero se saprei come si fa."
Non sarebbe meglio parlasse solo al presente fintanto che non prende dimestichezza (augurandoci/gli che un giorno ciò succeda) con le coniugazioni?
Non ce la posso fare.
Ho ancora qualche giorno di ferie così io e Hulko passiamo molto tempo insieme. Ieri rimettendo a posto la camera abbiamo ritrovato casco e protezioni per lo skateboard, siamo subito arrivati ad un compromesso, se nel pomeriggio lo avessi accompagnato alla pista nel parco la sera avrei avuto carta bianca per 'stare al computer'.
La sua performance non è stata delle migliori, le protezioni erano strette, il casco faceva sudare, lo skate andava dove voleva, insomma dopo un'ora e mezza abbiamo abbandonato il campo. Abbiamo guardato un po' di televisione insieme e verso le 22 mi sono diretta al pc, lui mi ha seguita e facendo gli occhioni mi ha chiesto che andassi anch'io a letto,
- Hulko mi avevi detto che stasera avrei potuto stare al pc
- Ma io voglio che vieni a letto anche tu
- Devo lavorare
- (silenzio, viso triste)
Rispondo spegnendo il pc,
- Va bene Hulko, stasera facciamo come dici tu però devi capire che la mamma la sera al pc lavora è importante, devi avere pazienza.
Passo dal bagno e uscendo lo trovo in corridoio ad aspettarmi con in mano il libro degli animali del mare,
- Mamma scusami se ti disturbo e non ti lascio lavorare.
[groppo in gola]
Illustrazione di Lice
La sua performance non è stata delle migliori, le protezioni erano strette, il casco faceva sudare, lo skate andava dove voleva, insomma dopo un'ora e mezza abbiamo abbandonato il campo. Abbiamo guardato un po' di televisione insieme e verso le 22 mi sono diretta al pc, lui mi ha seguita e facendo gli occhioni mi ha chiesto che andassi anch'io a letto,
- Hulko mi avevi detto che stasera avrei potuto stare al pc
- Ma io voglio che vieni a letto anche tu
- Devo lavorare
- (silenzio, viso triste)
Rispondo spegnendo il pc,
- Va bene Hulko, stasera facciamo come dici tu però devi capire che la mamma la sera al pc lavora è importante, devi avere pazienza.
Passo dal bagno e uscendo lo trovo in corridoio ad aspettarmi con in mano il libro degli animali del mare,
- Mamma scusami se ti disturbo e non ti lascio lavorare.
[groppo in gola]
Illustrazione di Lice
domenica 29 agosto 2010
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