sabato 3 luglio 2010

ah ah ah!

Diego Armando, il re dei tamarri, irresistibile sogno di redenzione
Aspettando la Germania: perché tifo per Maradona, eroe dell’«inferno e ritorno»

di Daria Bignardi


«Besame, besame mucho, como si fuera esta noche la última vez»: difficile sottrarsi alle facili emozioni che regala la vittoria dell’Argentina, per quanto sgangherata. Fuorigioco o no, errori arbitrali o meno, rissa o non rissa, Diego c’è. E noi italiani, umiliati da una squadra del tutto coerente col nostro Paese, abbiamo bisogno di un nuovo sogno, almeno fino a sabato 3 luglio, quando l’Argentina di Diego Armando Maradona incontrerà la Germania di Joachim Löw. Agli ultimi Mondiali, la Germania ha battuto l’Argentina ai rigori: ora vedremo. Diego c’è: con il pizzetto bianco, gli orecchini di diamanti, impacchettato in un abito che lo fa assomigliare a John Travolta in Pulp Fiction nella scena dove finge di essere goffo e non saper ballare. Diego è il re dei tamarri, è un grande, irresistibile, ineguagliabile sogno di redenzione fatto uomo. Comunque vada sabato, fin qui è arrivato, nonostante tutto. Scrissi di lui in questa rubrica in tempi non sospetti – quando pochi credevano nelle chance da allenatore del più grande giocatore del mondo caduto in disgrazia e fischiato – preda di un’antica passione per i redenti, gli eccessivi, quelli che «all’inferno e ritorno», e chi più di Diego Armando, scusate? Non capendo un tubo di calcio, mi beo della sua estetica. Non resisto a frasi come «la decisione valida resta la prima, anche se è quella sbagliata», riferita al gol in fuorigioco dell’Argentina che Rosetti e Ayroldi non hanno annullato: questa è letteratura. Devo averlo già detto: in una delle prossime vite, dopo essere rinata romanziera, vorrei rinascere giornalista sportiva, per poter scrivere, e vivere, frasi come questa. Per non parlare di come saprei descrivere la rissa dietro la panchina del Messico a fine primo tempo: altro che il fair play degli Stati Uniti, questa sì che è gente che di calcio ne capisce. (Siccome peggio che spiegare una battuta c’è solo il rischio che qualcuno ti prenda sul serio su un argomento come questo, segnalo che scherzo). Uno studioso israeliano di cabala ha detto che i Mondiali li deciderà un numero 10, che sarebbe Lionel Messi: sarebbe troppo bello per noi giornalisti sportivi (mi ci metto anch’io, dai, fate finta per un momento che siamo già alla terza vita), mancano solo lui e un altro paio di vittorie al racconto della gloria dell’Argentina dell’ex numero dieci Diego. Tutte scemenze, ovvio, ma noi giornalisti sportivi non abbiamo remore, quando si tratta di farvi emozionare. Epilogo: dopo un po’ che mi esaltavo davanti alle prodezze di Diego (non mi sentirete mai chiamarlo El pibe de oro, io sono un giornalista sportivo raffinato: al massimo El Diego) in un baretto deserto, con la sola compagnia del gestore, quello mi fa: «Vede quello col vestito grigio a sinistra di Maradona, in panchina? Ecco, quello gli sta spiegando tutto quello che deve dire e fare».

barbablog, Daria Bignardi -Style.it-

Nessun commento:

Posta un commento