mercoledì 29 dicembre 2010
Quel venerdì il programma era fittissimo.
Quel venerdì il programma era fittissimo. Nell'aula c'erano quattro chitarristi che strimpellavano, un inedito Brian collaborativo che si esercitava all'oboe. Micheal che trillava al flauto, Zach che tamburellava temi culinari sui bonghetti tenuti fra le ginocchia e altri due ragazzi che suonavano l'armonica. Susan Gilman, in piedi, era pronta a monopolizzare l'ora con una ricetta di parecchie colonne, articolata in quarantasette fasi diverse, che necessitava di ingredienti mai visti nelle case degli americani medi. Quella era pura poesia, annunciò, e Micheal era talmente elettrizzato che si disse pronto a comporre un pezzo per legni, archi, bonghi e voce di Susan. Pam, invece, si esibirà in cantonese in una ricetta dell'anatra alla pechinesee suo fratello, che è di un'altra classe, suonerà uno strumento dall'aspetto strano che in questa classe non ha mai visto nessuno.
Da parte mia tento di far passare qualche concetto. Chi di voi è non solo uno scrittore ma anche un osservatore coglierà l'importanza di quest'evento. Per la prima volta nella storia verrà letta una ricetta cinese con un accompagnamento musicale. Bisogna, saper riconoscere il momento storico. Lo scrittore è colui che si chiede sempre: cosa sta succedendo? Quello è lo scrittore. E potete giocarvi fino all'ultimo centesimo che mai nella storia, cinese e non, si è verificato un momento così.
Curo l'organizzazione dell'evento storico. Scrivete questi punti alla lavagna. Cominceremo con Pam e la sua anatra, poi a seguire Leslie con la zuppa inglese, Larry con le uova alla benedettina e Vicky con le costolette di maiale farcite.
Chitarre, oboi, flauti, armoniche e bonghi si stanno scaldando. I lettori ripassano le ricette in silenzio. La timida Pam fa un cenno al fratello e ha iniziato il recital dell'anatra alla pechinese. Mentre Pam canta con un lamento acuto, il fratello pizzica le corde del suo strumento e la ricetta è lunga, talmente lunga che uno alla volta entrano anche gli altri musicisti, e quando Pam finisce la lettura gli strumenti stanno suonando in grande esemble e la sfidano a raggiungere ottave altissime e ritmi incalzanti, al punto che Murray Kahn, il vicepreside, arriva trafelato dal suo ufficio temendo il peggio e non appena guarda dal vetro e vede l'esibizione in corso non resiste ed entra con gli occhi sgranati, finche la voce di Pam a poco apoco si abbassa, la musica si spegne, e l'anatra è finita.
Alla fine i critici sostennero che Pam avrebbe dovuto esibirsi per ultima. Nella ricetta dell'anatra e nella musica cinese c'era talmente tanto pathos che tutto il resto a confronto sembrava anemico. A parte ciò, dissero, parole e musica spesso non si abbinavano. Era stato un grande errore mettere i bonghi di sottofondo alla zuppainglese. Comunque, parlando di violini, Micheal era assolutamente perfetto per accompagnare la lettura delle uova alla benedettina, e la combinazione bongo armonica per le costolette di maiale farcite gli era piaciuta da matti. Nelle costolette c'era qualcosa che richiamava l'armonica ed era pazzesco come uno potesse pensare a un piatto e a quale strumento ci stesse meglio. Accidenti quest'esperienza imponeva un modo di ragionare tutto nuovo. Gli altri professori di inglese insegnavano roba concreta, analizzavano poesie, assegnavano tesine e spiegavano come si fanno le note e le bibliografie, ma nelle altre classi, dissero, c'era gente che avrebbe tanto voluto leggere una ricetta anziché Tennysone e Thomas Carlyle.
Pensare agli altri professori di inglese e alla roba concreta mi riaccende i dubbi. I colleghi stanno seguendo il programma, preparano i ragazzi alla carriera universitaria e al vasto mondo del lavoro. Noi non siamo qui per divertirci, prof.
Tratto da Ehi, prof! di Frank McCourt, pubblicato in Italia nella collana Fabula di Adelphi nel 2006, (2005, titolo originale:Teacher Man)
lunedì 27 dicembre 2010
alla fine vincono i buoni
Da ottobre scorso, cioè da quando è nato il fratellino, che per inciso ha avuto l'impudenza di venire al mondo lo stesso giorno del mio compleanno, sapevamo che per Natale Hulko avrebbe viaggiato da solo per raggiungere il padre a Madrid. Da ottobre scorso NonnoSavio si è raccomandato almeno con cadenza settimanale di controllare esattamente i documenti e le autorizzazioni di viaggio onde evitare che rimanesse a terra. Da ottobre scorso avrei avuto tutto il tempo di occuparmente personalmente ma invece ho rimandato al papà di Hulko che ha rimandato alla segretaria che ha rimandato all'addetta dell'agenzia viaggi che aveva le fonti sbagliate.
Ecco così che il 25 pomeriggio abbiamo chiuso il bagaglio, il 25 sera Hulko si è fatto dare una sveglia per sé ed io ne ho caricate 2 per me per non perdere il volo delle 1120. Siamo arrivati in aeroporto con abbondante anticipo, quello davanti ci soffia l'ultimo parcheggio al coperto e i 2 parchimetri più vicini sono fuori uso, incrocio una signora che sta raggiungendo quello un centinaio di metri più avanti che mi offre asilo sotto l'ombrello. Non ho abbastanza moneta. Parto alla volta della cassa parcheggi al piano inferiore. Esponiamo il tagliando del parcheggio sul cruscotto dopo 15' dall'arrivo. Hulko nel frattempo ha già chiesto un paio di volte l'ora. Entriamo e facciamo la prima tappa in biglietteria Alitalia dove ci confermano la prenotazione e ci invitano a raggiungere l'area 1 per il check in. Ci aggiungiamo ai milioni di passeggeri in fila e alle 10 siamo davanti l'operatrice:
"Buongiorno."
"Buongiorno, abbiamo una prenotazione sul volo per Madrid con assistenza speciale per minore non accompagnato."
"Bene, documento del bambino e autorizzazione della questura."
Mi si gela il sangue,
"Quale autorizzazione? Non ho alcuna autorizzazione, ho fatto chiedere espressamente se fossero necessari documenti o autorizzazioni particolari per il viaggio e mi è stato detto di no."
"Signora stia calma adesso controlliamo sul sito."
Hulko nel frattempo scoppia in lacrime
"Noooon parto, mamma!?"
"Adesso risolviamo dai non piangere." Alterna le lacrime all'iperventilazione ma non posso star dietro solo a lui, devo finire il match con l'assistente
"Vede signora è una disposizione entrata in vigore a luglio di quest'anno."
"Senta le dico che io ho controllato più volte con l'agenzia, abbiamo telefonato apposta, guardi non è solo una questione di soldi del biglietto, è che il bambino deve incontrare per pochi giorni il padre che poi parte per l'Australia."
La vista del faccione chiazzato di Hulko intenerisce la hostess che chiama la reponsabile del check in ma non c'è nulla da fare, Hulko resta a terra.
Attraversiamo il corridoio recandoci in biglietteria, racconto nuovamente le mie ragioni all'impiegata che mi dice di non poter far di più per aiutarci ma altrettanto coinvolta cerca per noi uno spiraglio e ci indirizza alla Polizia di Stato.
Arriviamo ormai trafelati ed accaldati davanti il citofono della Polizia, veniamo invitati ad entrare ed accomodarci in sala d'attesa. Hulko è stremato ma continua a singhiozzare e a camminare in tondo, quando l'emergenza rientrerà dovrò forse preoccuparmi di fargli fare delle sedute per imparare a gestire l'ansia.
Da dietro una porta si materializza un uomo, un commissario.
"Sì?"
Lo investo di parole, in un paio di minuti gli spiego il calvario, lui mi ascolta e guarda Hulko.
"Signora è la legge, il bambino non può partire senza la lettera di accompagno."
"D'accordo questo mi è chiaro ora ma è domenica ed è pure il 26 dicembre, dove posso fare questo documento?"
"Credo che lo rilasci solo la Questura."
Dietro di lui passa un suo superiore a cui domanda conferma di quanto appena detto. Lui mi scruta indolente,
"Signora lo emette solo la questura."
"Ah va bene, quindi vado dove ho fatto fare il passaporto tre mesi fa."
"No signora, le ho detto la Questura non i Commissariati e comunque oggi è domenica ed è tutto chiuso."
"Mi scusi ma non c'è proprio modo di fare diversamente? Sa il bambino deve andare in Spagna solo per pochi giorni per incontrare il papà."
Secco fa per andarsene
"Dovrebbe essere contenta di sapere che la legge è a tutela di suo figlio."
"Beh certo è solo che..."
"Lo sa perché è giusta? perché i bambini non dovrebbero viaggiare da soli, i bambini dovrebbero viaggiare con i genitori."
Mi accorgo che non c'è dialogo, non può esserci alcun dialogo, mi sporgo leggermente e recupero dalle sue mani il passaporto individuale di Hulko(firmato consensualmente da entrambi i genitori)
"Evidentemente lei non è separato, grazie comunque, arrivederci."
Lascia la stanza, non credo che le mie parole lo abbiamo raggiunto.
Hulko si accascia sulla poltroncina, io sono furibonda e ferita.
Quasi non mi accorgo che il commissario è ancora lì in piedi,
"Io sono separato."
Avrebbe potuto liquidarci anche lui, avrebbe potuto non confessarcelo, avrebbe potuto aiutarci senza mettersi a nudo ma non lo ha fatto, lo avrei abbracciato per tanta franchezza d'animo.
Poi mi ha chiesto quale fosse il commissariato più vicino a casa nostra e ha telefonato,
"Buongiorno, sono il commissario X...ho qui una signora con un minore che deve volare non accompagnato...voi le fate?...passami qualcuno dell'ufficio passaporti...no guarda è urgente voglio risolvere questa cosa...sì grazie...d'accordo viene domattina ...grazie, a risentirci."
Mentre mi riferisce le disposizioni da seguire non posso non pensare che è stato gentile da parte sua e uscendo dall'ufficio con Hulko strascicante dietro sono leggermente rincuorata dal fatto che c'è ancora qualcuno che ha voglia di fare per gli altri. Poi è la volta dei 30 minuti di telefonata con l'operatrice del call center Alitalia che dopo un'iniziale freddezza si lascia coinvolgere e finisce la telefonata dandomi tutte le informazioni possibili per tentare di far rivalsa sull'agenzia che non solo non ci aveva informati dell'esistenza della disposizione di viaggio ma aveva anche prenotato l'assistenza speciale su un volo per il quale non era possibile farlo.
Mesti, mesti dopo quasi 4 ore di sosta in aeroporto abbiamo ricaricato il bagaglio in macchina e siamo tornati a casa.
"Sai cos'è peggio Hulko? che il nonno ci dirà che ci aveva tanto raccomandato di controllare."
"Ma mamma noi abbiamo telefonato."
Me lo ha sentito ripetere tante di quelle volte nella mattinata che ormai lo sa anche lui.
"Lo so passerotto ma avrei fatto bene a controllare io stessa invece di affidarmi agli altri."
In realtà il vero epilogo si è avuto solo oggi 27 dicembre alle 19.05 quando Hulko è finalmente atterrato a Madrid, nel mezzo ci sono state non so più nemmeno quante telefonate al call center e in questura senza che sia riuscita ad avere un quadro definitivo oltre ad un nuovo tentativo di boicottaggio perchè sulla lettera rilasciata dalla questura mancava la foto peraltro da nessuno mai citata fino al momento del check in di oggi, cosa che è costata un nuovo attacco d'ansia al povero Hulko.
Una cosa però mi piace sottolinearla, abbiamo incontrato più di una persona attenta e disponibile, dalla signora con l'ombrello che andando via voleva regalarmi il suo tagliando ancora non scaduto del parcheggio, all'impiegata della biglietteria che mi ha ascoltata e aiutata a più riprese per finire con il commissario che, se non fossi stata tanto agitata avrei anche avuto modo di trovare affascinante oltre che gentile, non sarà il già noto Montalbano ma sono certa che abbia anche lui il suo piccolo pubblico.
Ecco così che il 25 pomeriggio abbiamo chiuso il bagaglio, il 25 sera Hulko si è fatto dare una sveglia per sé ed io ne ho caricate 2 per me per non perdere il volo delle 1120. Siamo arrivati in aeroporto con abbondante anticipo, quello davanti ci soffia l'ultimo parcheggio al coperto e i 2 parchimetri più vicini sono fuori uso, incrocio una signora che sta raggiungendo quello un centinaio di metri più avanti che mi offre asilo sotto l'ombrello. Non ho abbastanza moneta. Parto alla volta della cassa parcheggi al piano inferiore. Esponiamo il tagliando del parcheggio sul cruscotto dopo 15' dall'arrivo. Hulko nel frattempo ha già chiesto un paio di volte l'ora. Entriamo e facciamo la prima tappa in biglietteria Alitalia dove ci confermano la prenotazione e ci invitano a raggiungere l'area 1 per il check in. Ci aggiungiamo ai milioni di passeggeri in fila e alle 10 siamo davanti l'operatrice:
"Buongiorno."
"Buongiorno, abbiamo una prenotazione sul volo per Madrid con assistenza speciale per minore non accompagnato."
"Bene, documento del bambino e autorizzazione della questura."
Mi si gela il sangue,
"Quale autorizzazione? Non ho alcuna autorizzazione, ho fatto chiedere espressamente se fossero necessari documenti o autorizzazioni particolari per il viaggio e mi è stato detto di no."
"Signora stia calma adesso controlliamo sul sito."
Hulko nel frattempo scoppia in lacrime
"Noooon parto, mamma!?"
"Adesso risolviamo dai non piangere." Alterna le lacrime all'iperventilazione ma non posso star dietro solo a lui, devo finire il match con l'assistente
"Vede signora è una disposizione entrata in vigore a luglio di quest'anno."
"Senta le dico che io ho controllato più volte con l'agenzia, abbiamo telefonato apposta, guardi non è solo una questione di soldi del biglietto, è che il bambino deve incontrare per pochi giorni il padre che poi parte per l'Australia."
La vista del faccione chiazzato di Hulko intenerisce la hostess che chiama la reponsabile del check in ma non c'è nulla da fare, Hulko resta a terra.
Attraversiamo il corridoio recandoci in biglietteria, racconto nuovamente le mie ragioni all'impiegata che mi dice di non poter far di più per aiutarci ma altrettanto coinvolta cerca per noi uno spiraglio e ci indirizza alla Polizia di Stato.
Arriviamo ormai trafelati ed accaldati davanti il citofono della Polizia, veniamo invitati ad entrare ed accomodarci in sala d'attesa. Hulko è stremato ma continua a singhiozzare e a camminare in tondo, quando l'emergenza rientrerà dovrò forse preoccuparmi di fargli fare delle sedute per imparare a gestire l'ansia.
Da dietro una porta si materializza un uomo, un commissario.
"Sì?"
Lo investo di parole, in un paio di minuti gli spiego il calvario, lui mi ascolta e guarda Hulko.
"Signora è la legge, il bambino non può partire senza la lettera di accompagno."
"D'accordo questo mi è chiaro ora ma è domenica ed è pure il 26 dicembre, dove posso fare questo documento?"
"Credo che lo rilasci solo la Questura."
Dietro di lui passa un suo superiore a cui domanda conferma di quanto appena detto. Lui mi scruta indolente,
"Signora lo emette solo la questura."
"Ah va bene, quindi vado dove ho fatto fare il passaporto tre mesi fa."
"No signora, le ho detto la Questura non i Commissariati e comunque oggi è domenica ed è tutto chiuso."
"Mi scusi ma non c'è proprio modo di fare diversamente? Sa il bambino deve andare in Spagna solo per pochi giorni per incontrare il papà."
Secco fa per andarsene
"Dovrebbe essere contenta di sapere che la legge è a tutela di suo figlio."
"Beh certo è solo che..."
"Lo sa perché è giusta? perché i bambini non dovrebbero viaggiare da soli, i bambini dovrebbero viaggiare con i genitori."
Mi accorgo che non c'è dialogo, non può esserci alcun dialogo, mi sporgo leggermente e recupero dalle sue mani il passaporto individuale di Hulko(firmato consensualmente da entrambi i genitori)
"Evidentemente lei non è separato, grazie comunque, arrivederci."
Lascia la stanza, non credo che le mie parole lo abbiamo raggiunto.
Hulko si accascia sulla poltroncina, io sono furibonda e ferita.
Quasi non mi accorgo che il commissario è ancora lì in piedi,
"Io sono separato."
Avrebbe potuto liquidarci anche lui, avrebbe potuto non confessarcelo, avrebbe potuto aiutarci senza mettersi a nudo ma non lo ha fatto, lo avrei abbracciato per tanta franchezza d'animo.
Poi mi ha chiesto quale fosse il commissariato più vicino a casa nostra e ha telefonato,
"Buongiorno, sono il commissario X...ho qui una signora con un minore che deve volare non accompagnato...voi le fate?...passami qualcuno dell'ufficio passaporti...no guarda è urgente voglio risolvere questa cosa...sì grazie...d'accordo viene domattina ...grazie, a risentirci."
Mentre mi riferisce le disposizioni da seguire non posso non pensare che è stato gentile da parte sua e uscendo dall'ufficio con Hulko strascicante dietro sono leggermente rincuorata dal fatto che c'è ancora qualcuno che ha voglia di fare per gli altri. Poi è la volta dei 30 minuti di telefonata con l'operatrice del call center Alitalia che dopo un'iniziale freddezza si lascia coinvolgere e finisce la telefonata dandomi tutte le informazioni possibili per tentare di far rivalsa sull'agenzia che non solo non ci aveva informati dell'esistenza della disposizione di viaggio ma aveva anche prenotato l'assistenza speciale su un volo per il quale non era possibile farlo.
Mesti, mesti dopo quasi 4 ore di sosta in aeroporto abbiamo ricaricato il bagaglio in macchina e siamo tornati a casa.
"Sai cos'è peggio Hulko? che il nonno ci dirà che ci aveva tanto raccomandato di controllare."
"Ma mamma noi abbiamo telefonato."
Me lo ha sentito ripetere tante di quelle volte nella mattinata che ormai lo sa anche lui.
"Lo so passerotto ma avrei fatto bene a controllare io stessa invece di affidarmi agli altri."
In realtà il vero epilogo si è avuto solo oggi 27 dicembre alle 19.05 quando Hulko è finalmente atterrato a Madrid, nel mezzo ci sono state non so più nemmeno quante telefonate al call center e in questura senza che sia riuscita ad avere un quadro definitivo oltre ad un nuovo tentativo di boicottaggio perchè sulla lettera rilasciata dalla questura mancava la foto peraltro da nessuno mai citata fino al momento del check in di oggi, cosa che è costata un nuovo attacco d'ansia al povero Hulko.
Una cosa però mi piace sottolinearla, abbiamo incontrato più di una persona attenta e disponibile, dalla signora con l'ombrello che andando via voleva regalarmi il suo tagliando ancora non scaduto del parcheggio, all'impiegata della biglietteria che mi ha ascoltata e aiutata a più riprese per finire con il commissario che, se non fossi stata tanto agitata avrei anche avuto modo di trovare affascinante oltre che gentile, non sarà il già noto Montalbano ma sono certa che abbia anche lui il suo piccolo pubblico.
sabato 25 dicembre 2010
25 dicembre 2010
lunedì 20 dicembre 2010
A destra del letto di mio padre c’è Walter.
A destra del letto di mio padre c’è Walter.
Walter era infermiere in un grande ospedale fiorentino. Era un “ferrista”, cioè uno di quelli che assistono il chirurgo durante le operazioni. Dieci anni fa è andato in pensione, e s’è trasferito con la moglie e il figlio nel paesino natale di lei, sulle pendici dell’Amiata. Walter il marzo scorso ha avuto una crisi epilettica, seguita poi da lancinanti mal di testa. Dopo mesi di esami e analisi, un mese e mezzo fa, gli hanno diagnosticato un tumore al cervello esteso e inoperabile. Adesso Walter giace disteso a letto. Ha perso completamente la parola, e quasi tutte le capacità motorie. Capisce tutto, e si esprime cogli sguardi. Gli somministrano un sacco di medicinali, antidolorifici e soprattutto calmanti che scongiurino le crisi epilettiche.
La moglie è una signora magra e calma, cogli occhi grandi e fermi, e nello sguardo le leggi dolore e stupore. Quando è dentro la camera, nutre e cura il marito con dolcezza e sorridendo. Poi esce nel corridoio e, qualche volta, piange silenziosamente. Il figlio è un ventunenne tracagnotto, dall’andatura simpatica e dallo sguardo sereno e gioviale. Ha seguito le orme del padre, ed è al secondo anno della scuola da infermieri. Quando è nella stanza, si prende imperturbabile e sorridente cura del suo babbo. L’ho visto cercargli per cinque minuti una vena nel piede per la flebo – le braccia ormai sono tumefatte dalle troppe punture -, senza fare una piega, sempre delicato, affettuoso e allegro. Poi, nel corridoio, con la stessa calma energia, così sorprendente in un ragazzo così giovane, consola la madre e cerca di condurla dolcemente ad accettare lo stato delle cose. Sono sicuro che W. si senta orgoglioso d’avere un figlio così. Io lo sarei, e molto. Al tempo stesso, se i figli sono in qualsiasi misura lo specchio dei genitori, Walter di certo dev’essere stato un gran bravo padre.
Guardo ammirato e affascinato la delicata coesione, la saldezza d’affetti e la dignità con cui questa famiglia sta affrontando l’atroce procedere della morte al lavoro, e mi ritrovo a pensare che queste persone, che sulla carta potremmo definire come semplici e umili, siano tra le più ricche che abbia mai incontrato. E poi, sua sponte, mi viene in mente un noto adagio evangelico, e d’improvviso esso m'appare cristallino e perfettamente sensato, senza bisogno di scomodare alcun dio: “beati i miti, perché essi erediteranno la terra”.
A sinistra del letto di mio padre c’è Sergio.
Sergio è un rumoroso signore viterbese sulla settantacinquina. Sposato con una grossetana s’è trapiantato colà, e ha avuto tre figli. E’ stato portato in questo piccolo ospedale perché quello grande e moderno di Grosseto non aveva letti. Lui e la moglie erano già stati qui trent’anni fa: aveva avuto un colpo di sonno, erano finiti coll’auto in una scarpata e qui gli avevano salvato la vita. Sergio è arrivato qui con la moglie, che ha vissuto per due giorni nell’ospedale dormendo su una seggiola, poi è sparita. Una notte mi sono affacciato in camera per vedere se mio padre dormiva, e ho visto che lei, sfinita, s’era allungata sul letto del marito, e dormivano abbracciati.
Non si capisce bene cos’abbia Sergio: la moglie – una signora stanca dall’aria un po’ assente.-, mentre l’aiutavo a parcheggiare il suo vecchio pandino, mi ha detto che lui quest’estate ha avuto il fuoco di Sant’Antonio, è stato molto male, si è depresso e non si è più ripreso.
Sergio ha un vocione laziale che fa tremare i vetri, e fa dei gran teatri, e chiede continuamente e rumorosamente attenzione. Dice che muore, che non respira, ma dall’energia con cui lo dice è difficile prenderlo sul serio: e infatti anche gli infermieri gli dicono spazientiti suvvia, la smetta, son ben altri quelli che muoiono. Sergio spesso fa molto ridere, sembra uscito da un film di Verdone. Oscilla tra consigli sulle trattorie in zona, a enunciazioni del fatto che oggi lascerà l’ospedale, a colorite reprimende agli infermieri che lo trascurano, a richieste di parlamentare “col responsabile qui della baracca”. Sergio a volte è irritante: egoisticamente penso a mio padre che avrebbe bisogno di riposo, e invece lui fa continuamente dei gran casini, pretende cose e litiga cogli infermieri.
Ieri l’altro mattina Sergio mi guarda e fa: “Sa, stanotte ero indeciso se morire o no. Poi ho pensato ai miei fiji, e ho deciso che volevo vivere”. Poi s’è messo a piangere.
Ieri mattina hanno lasciato i vassoi colle colazioni, la moglie anche ieri non c’era, gli infermieri (ovviamente pochi per tutti quei malati) tardavano, così Sergio m’ha ingiunto col vocione d’aiutarlo. Allora gli ho reclinato il letto, incastrato il tavolino tra le sponde, e servito il vassoio col caffelatte e le fette biscottate. Sergio ha spazzolato tutto d’appetito, sia la sua colazione che quella della moglie assente. Poi ha enunciato che in giornata se ne sarebbe andato, ha cominciato ad agitarsi, a chiedere che voleva parlare colla moglie, che qui che là, a chiamare a gran voce gli infermieri, a chiedermi se avevo il cellulare per telefonare a casa eccetera. Per farlo star buono, gliel’ho dato. Ha chiamato, e ha cominciato a urlare nel telefono di venirlo a prendere. Ma siccome è duro d’orecchi, non capiva le risposte e allora m’ha passato la moglie, che mi ha detto agitata che lei oggi non aveva la macchina e non poteva venirlo a prendere. Ho riferito a Sergio la cosa, e col suo modo di fare brusco e col vocione pretendeva di sapere da me cosa significava che non aveva la macchina. Un po’ spazientito, soprattutto a causa degli effetti che tutta quest’agitazione poteva avere su mio babbo, ho cercato un po’ di tagliare corto per farlo stare buono. Alle nove ci hanno buttato fuori dal reparto, e come previsto sono ripartito per Milano.
Ieri sera, arrivato a casa, chiamo per avere notizie del babbo. La moglie di mio padre, sconvolta, mi racconta: verso le cinque del pomeriggio, Sergio ha fatto per l’ennesima volta uno dei suoi numeri. Solo che questa volta sembrava stare male sul serio. E, nel giro di cinque minuti, davanti a lei e a mia sorella sedicenne che per lo shock ha cominciato a buttare sangue dal naso, e nell’incredulità generale, a partire dagli stessi infermieri, Sergio è morto. Quando ho riagganciato il telefono mi sono accorto che stavo tremando.
scritta da lucah: "Le due storie quissù le ho scritte da un lato a scopo terapeutico, per sfogarmi e sublimare l'angoscia per ciò che ho visto in questi giorni, dall'altro perché mi parevano meritevoli d'essere raccontate, e, per ciò che mi concerne, in futuro ricordate."
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domenica 19 dicembre 2010
L'altra faccia della Domenica.
Telefoniamo a Nonnaragno per chiederle di raggiungerci per le 1120 così da andare insieme a messa, lei obietta decisa che abbiamo sicuramente sbagliato orario perché é impossibile che i nonnini facciano così tardi per il pranzo. La messa infatti è alle 11. Arriviamo e la piccola chiesa di quartiere è stracolma. Ci tocca di addossarci alle pareti e le colonne ci celano l'altare. Hulko timido avanza lungo la navata ma non è abbastanza coraggioso da raggiungere gli amici vicino al Don. Si ferma a pochi passi da loro, il Gesù Bambino stretto nella mano destra. Gli altri giacciono invece sull'altare, allineati, rosei, tutti differenti. L'omelia procede. I bambini impazienti. I ragazzi si sorridono, fanno strani saluti con le mani, qualcuno abbassa lo sguardo. Le nonnine dai capelli turchini o argentati, forse sono fatine in pensione, si reggono l'un l'altra di ritorno dalla Comunione. E' quasi finita vengono chiamati tutti sull'altare per la benedizione di ciascun Gesù Bambino, Hulko finalmente si unisce agli altri. Dopo poco ci raggiunge, ha uno sguardo un po' stranito apre la mano ritirandosi tutto nelle spalle, come fanno le tartarughe, "E' caduto Gesù Bambino." NonnaRagno da ex infermiera controlla subito la ferita "Beh basta colorarlo un po' qui sulla testa." A me scappa un "Ma prima o dopo che lo facessi benedire?"
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giovedì 16 dicembre 2010
Chi ben comincia... [inizia con un buon incipit]
IV INCIPIT
Ti toglievi la fascia della vita, ti strappavi i sandali, gettavi in un angolo l'ampia gonna, era di cotone, mi sembra, e scioglievi il nodo che ti stringeva i capelli in una coda. Avevi la pelle d'oca e ridevi. Eravamo talmente vicini che non potevamo vederci, assorti entrambi in quel rito urgente, avvolti nel calore e nell'odore che emanavamo insieme. Mi aprivo il passo per le tue vie, le mie mani sulla tua vita protesa e le tue impazienti. Sfuggivi, mi percorrevi, mi scalavi, mi avvolgevi con le tue gambe invincibili, mi dicevi mille volte vieni con le labbra sulle mie. Nell'attimo estremo avevamo un bagliore di completa solitudine, ciascuno perduto nel proprio abisso rovente, ma subito risorgevamo al di là del fuoco per scoprirci abbracciati nel disordine dei guanciali, sotto la zanzariera bianca. Ti scostavo i capelli per guardarti negli occhi. Talvolta ti sedevi accanto a me con le gambe raccolte e il tuo scialle di seta su una spalla, nel silenzio della notte che iniziava appena. Così ti ricordo, in quiete.
Isabel Allende - Eva Luna racconta - Feltrinelli, trad. Gianni Guadalupi
elena's xmas tree
mercoledì 15 dicembre 2010
martedì 14 dicembre 2010
caduta libera
io e Mammyx stiamo cercando di consolarci a vicenda per superare il "freddo" di questo "freddo" inverno quando, ecco che una una vocina...
photo
tanks to *.moni.*
lunedì 6 dicembre 2010
holiday on ice
Hulko oggi mi ha portato a pattinare sul ghiaccio.
Per merito suo, dopo anni, intrepida ho dominato la pista su ghiaccio! Direi che non ce la siamo cavata male, buffi e tremolanti ma anche felici e zuppi di risate. Giro dopo giro ci abbiamo preso gusto... Sempre più spavaldi... La pista quasi deserta, la suggestione della neve che cadeva sulle nostre testoline, immersi nella nebbiolina del lago d'inverno... la musica degli Eagles in sottofondo, stonatissima, a squarciagola, un po' teatrale, spalanco le braccia: "welcome to the hotel california... such a lovely place". Capitolo a terra scoppiando a ridere.
Hulko si ferma. Torna verso di me.
"Zia! Se la smetti di fare la sciocca.."
:-S
Dal 4 dicembre 2010 al 4 febbraio 2011, all'Idroscalo (ingresso multisport) "Il Magico villaggio d'inverno". Nella cornice di un Idroscalo innevato, lo spettacolare rettangolo - 25 metri per 40 - a bordo bacino, sarà aperto ogni giorno dalle 10 alle 17, il sabato fino alle 21.
Tre piste di pattinaggio, anche per curling e ice stock; mercatini natalizi, per acquistare i tuoi regali lungo il lago, Babbo Natale, tanti spettacoli sul ghiaccio ed eventi per grandi e piccini. Attivi anche punti ristoro e strutture al coperto per gustare bevande calde.
www.idroscalo.info (Il Magico villaggio d'inverno all'Idroscalo)
www.cesed.com (centro servizi didattici soc. coop sociale onlus)
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